Con un paio di sci Spalding e due scarponi marca Caber cominciai la mia esperienza sulla neve. Erano gli anni in cui lo sci si praticava in coda, fermi per venti, anche trenta minuti in attesa allo skilift, facendo attenzione a non pestare le code degli sciatori più avanti, compito difficile con attrezzi che - nel caso dei più bravi - superavano i 2 metri e 10. Lo skipass non c'era: al suo posto si usava un tagliandino di carta che l'addetto fissava al collo con uno spago bloccato da un sigillo. Chi voleva spendere poco acquistava i "punti" e quando finivano andava al bar.
Lo skilift - impianto ormai quasi scomparso - per lo sciatore alle prime armi rappresentava un incubo, soprattutto quelli ad ancora su cui si saliva in coppia. Aggrappati allo skilift i principianti viaggiavano con i muscoli del corpo tesi, temendo strattoni, lastre di ghiaccio, fermate improvvise che li avrebbero fatti cadere e ripetere la coda. I bambini salivano con il papà e nessuno diceva nulla. Le piste le battevano - forse - una volta ogni tre giorni e quando si formavano le gobbe tornavano comode per farci il giro attorno evitando di prendere una velocità eccessiva.
All'inizio degli anni Ottanta quelle code raggiunsero dimensioni epiche tanto che gli impiantisti, fiutando il grande affare, smantellarono gli skilift per costruire le seggiovie, talvolta quadriposto, spesso a sganciamento automatico per viaggiare più veloci, capaci di portare in vetta migliaia di persone all'ora. Non fu la fine delle code perché - come previsto - l'affollamento passò dall'impianto alle piste, che erano rimaste tali e quali.
In quegli anni la pista era un prato, più o meno ripido, privo di alberi, che dalla cima portava a valle. Ma era chiaro che per ospitare migliaia di sciatori all'ora ci voleva altro che un prato: gli alberi vennero tagliati per far spazio a nuove piste, i tracciati vennero allargati per accogliere nuove folle e gli sciatori - quelli che esultavano guardando Tomba alla televisione - comprarono sci più corti e sciancrati per correre di più.
Ma cominciarono anche a farsi male. Gambe rotte e ginocchia storte ce n'erano sempre state ma i nuovi sciatori iniziarono a chiedere i danni in tribunale cercando di far passare il principio che chi paga ha il diritto di tornare a casa sano e salvo. Il dramma fu che i giudici cominciarono a dare ragione ai feriti e in montagna presto spuntarono le reti di protezione rosse, le ruspe che d'estate livellavano i pendii, i materassi legati ai tronchi d'albero, i cartelli con la scritta "rallentare" e i segnali di "stop" agli incroci e all'arrivo delle piste.
Lassù, in quelle città cresciute in alta quota, dov'erano arrivate anche le forze dell'ordine con l'etilometro, gli sciatori si accorsero che si sentiva la mancanza di qualcosa: «Com'era bella la montagna di una volta» si lasciò scappare qualcuno passando alla stazione intermedia di una cabinovia da dodici posti disegnata da Pininfarina. Ci fu chi sentì, fiutò il cambiamento di tendenza e rispose in questo modo: «Dobbiamo dare più natura, più panorami, più ambiente ai nostri sciatori». E nacquero i grandi caroselli sciistici con la possibilità di muoversi da una vallata all'altra senza togliere gli sci. In un consiglio d'amministrazione uno degli impiantisti si lasciò scappare: «E se poi la neve non arriva?». Lo zittirono all'istante: «La fabbricheremo noi».
Così siamo arrivati allo sci moderno, quello che potrei praticare oggi, domenica, tempo meraviglioso, su una delle tante piste dolomitiche. Ma prima di partire devo fare l'inventario: il casco per i bambini? Ce l'ho. Gli sci con le lame ben tirate perché se no sulla neve artificiale sbando? Li ho. Cento euro per pagare tre skipass? Posso tirarli fuori. Una polizza assicurativa con un massimale di cinque milioni di euro perché sulle piste da sci ci sono anche avvocati e notai e se ne tiro sotto uno sono rovinato? Me la fanno gli impiantisti. Quante cose servono oggi per divertirsi sulla neve, quasi quasi resto a casa.
11 commenti:
Questo blog oggi mi darà una mano in famiglia. Si, perché lo leggerò agli ospiti, prendendolo dal giornale, per comodità. Lo farò prima del gingerino, a voce alta (molto alta). Sarà l’argomento di conversazione che ci unirà. Durante il secondo, la mamma di mia moglie, che è rimasta alla preistoria dello sci e pertanto non avrà compreso bene il funzionamento di molte delle cose che le avrò letto, potrà ricordarci le sue esperienze di quando quasi un secolo fa andava a piedi sul Bondone con gli sci in spalla, quando tutti indossavano le braghe di velluto, gli scarponi di cuoio unti con il grasso di maiale e ci dirà che loro sì erano atleti, che facevano fatica, che non si poteva fare diversamente, ecc. ecc. ecc. Mi farà alzare da tavola e facendosi accompagnare sul poggiolo e mi dirà: “ Vedi andavamo lassù” Tenterà di nominarmi gli amici di avventure che non ci sono più e mi chiederà ancora, “Tu non vai più a sciare? Io le dirò nuovamente, scandendo bene le parole: “ non ho mai fatto discesa, solo fondo ….”
Vedete com’ è buono Ansel? Mi ha aiutato. Buono non è però sinonimo di sincero. Lui dice in chiusura: “ quasi quasi resto a casa”. Ora vuol farci intendere che è in bilico, ma uno come lui che già in novembre era andato spavaldamente e con rischio a cercare la neve (qui ci andrebbe il link al suo precedente articolo, ma io non posso farlo) credete che oggi con questa giornata dal cielo azzurro, rimarrà in pantofole? E poi, che servirebbe lo stagionale che regalano (per motivi esclusivamente professionali) ai giornalisti?
P.S. per gli affezionati. Avete notato l’attrezzatura nella foto? So che qui non si possono fare raccolte fondi, ma possiamo almeno lasciare alle casse di Sportler un buono spesa per un paio di veri scarponi? Con i saldi ce la caviamo con poco, gli eviteremo le stampelle e le sue prezione calzature non si apriranno in punta come quelle del famoso vagabondo.
Sono arrivati gli ospiti. Saluto tutti gli aspiranti atleti della valanga azzurra.
Ciao ragazzi! Che malinconia mi ha messo questo post!Io credo che Ansel sia sincero, sai ,Gallo, comunque io lo sono di sicuro, potete fidarvi ,quando vi dico che è tutto l' inverno che mi dico:"meglio stare a casa".Per il fondo non c' è neve,sulle piste la neve artificiale è troppo bella, troppo perfetta,troppo gelata, gli altri sono troppo bravi e veloci, meglio stare alla larga. Che bello quando andavo su e giù a spazzaneve,c' era posto anche per me, guardavo sì la bravura degli altri ma potevo dirmi:L' importante è esserci". Comunque oggi sono andata a trovare la vecchia zia, l' ultima rimasta di quella generazione; l'abbiamo portata in gita dalla città al paese natale ed è stato bello; non è stato come respirare l' aria e guardare il panorama da cima Uomo, ma la zia sicuramente immagazzinerà un bellissimo ricordo di questa domenica e tutto sommato anch'io. Ciao ciao
Gallo, grazie di aver comprato il giornale: è con i proventi della carta che finanzio questo blog! Quanto agli stagionali omaggio per i giornalisti ti chiedo: secondo te gli impiantisti mandano lo skipass a casa ad uno che scrive pezzi come questo?
P.S. ieri un altro morto sulle piste.
Prego, Ansel . Però devo deluderti. Io personalmente contribuisco a finanziarti in modo infinitesimale (diciamo la domenica). Gli altri giorni niente proventi dalla carta da parte mia: solo edizione pdf. Sai, devo centellinare la mia pensione ...
Quando ti avevo chiesto il numero di scarpe avevo un motivo.
anche io caber. blu.
ora mi sentirei spaesato sulle piste e non vado a sciare.
ma ricordo la prima volta che ho fatto il palon (fino ad allora solo la cordela, che era più semplice)e son felice di aver conosciuto quel modo di sciare. il cartoncino da dieci risalite che veniva timbrato. strani scherzi fanno i ricordi, mi sembra addirittura che a quei tempi non sentivo il freddo e che ci fosse sempre il sole.
Caro Ansel, ricordo pure l'invidia che provavo vedendo le medaglie che vinceva la tua Gretel ! Finche' a forza di competizioni si accorse che non era tutta salute per i suoi legamenti... Credo fosse la prima giovane amica che cambiava sport, ne seguirono altri, chi con il Bike, chi con le pelli di foca, arrivando agli estremi (e tutti erano portati li dai preparatori a volte pure dai genitori) iniziavano i menischi, le tibie, gli elicotteri. Ascolta la voce di Gretel ed il suo insegnamento giovera' pure al tuo Post: esagerare nuoce.
In compenso ci son un sacco di belle attivita' sorte : le CIASPE ad esempio, o le corse dei cani da slitta ( http://blog.libero.it/eGanz/2164515.html ) o le piu' semplici passeggiate che anche in inverno si possono fare con grande soddisfazione... un bel piatto del boscaiolo con la schiena sulla Stube ed una bella slitta di Snaps... poi a sera, prima di "spostare il peso a valle" una sosta in qualche centro salute: sauna bagno turco... non mi dirai che in montagna si va solo a sciare!
no caro Dario.. in montagna, per la gioia del giovane padre Ansel, si va anche per guardare il figlio che, schifato dalla neve, si pulisci bene gli scarponcini e, schifato dalla slitta, si getta sulle uniche zone erbose .... Povera Gretel, se va avanti cosi' l'unico sua grande allievo resterà il giovane padre del playboy !!
. e comunque lancio un quiz ! quanti di voi collezionavano gli "strigalauzi" ?? (leggi: cordini di colore diverso che 'el Graffer del Bondone utilizzava come porta giornaliero e che venivano fissati al collo dello sciatore con "sigillo " di metallo)
la collezione di "strigalauzi" serviva tatticamente per confondere l'omino del graffer che, impietosito dal freddo, non chiedeva sempre di slacciare la giaccavento e controllare anche la data sul giornaliero. Il colore diverso ogni domenica sarebbe infatti servito per evitare "taroccate" .. ma i veri collezionisti sciavano gratis!
Dud: che sorpresa! Un blogger di pianura che cita le piste del Bondone...
Dario: ma infatti... i cani no perché mi fanno pena, ma le ciaspe sì...
Giramondo: il piccolo playboy è saggio, capisce che questa è neve artificiale e sceglie l'erba. Che almeno quella è vera...
Giramondo bis: gli strigalauzi non li ho mai sentiti nominare perché all'epoca diffidavo del Bondone. Mi pare di capire, però, che il trucco che tu ricordi doveva essere molto in voga in valle di Non, presto adottato da qualche turista genovese.... ;-)
Il sigillo di metallo lo ricordo bene: lo piegavano con una pinza in modo che non si potesse aprire, ma al parcheggio degli impianti comunque - quand'erano le due del pomeriggio - si animava il mercato dei giornalieri d'occasione (ma quello, credo, non ha mai smesso di esistere, nemmeno quando sono entrati in scena in carabinieri)
Io alle code delle seggiovie mi facevo tacchinare :-)
Nel Podcast di Rai1, il mitico Ghedina...
http://www.radio.rai.it/podcast/F0009904.mp3
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