Quella donna giunta dall'Est ci ha stregati. E' successo l'anno scorso quando Oxana - questo il nome di questa signora di mezz'età - venne a stare da noi per accudire la nonna anziana. Da quel giorno sono cambiate molte cose. All'inizio erano piccoli dettagli come quei cioccolatini dalla scritta incomprensibile (e dal sapore indefinito) che sono comparsi all'improvviso nella scatola delle caramelle. Poi sono spuntati dei centrini sulla tavola, strani soprammobili e la domenica delle torte a cinque piani che basta una fetta per chiudere lo stomaco.
Un po' di tensione c'è stata, invece, per quella sua abitudine di informarsi sull'Italia e sul mondo guardando il tg di Emilio Fede: "E' l'unico che spiega bene le cose" ha detto lei con uno sguardo ammirato per quel "bell'uomo". E anche a questo abbiamo dovuto fare l'abitudine, come a quelle parole in russo che la nonna ha imparato a pronunciare tagliandoci fuori dal mondo privato che ha creato assieme alla badante.
Chissà cosa si dicono, di certo c'è che la nonna sembra divertirsi come non avveniva più da tempo e questo basta a farci sopportare quella tremenda insalata russa che due volte in settimana ci viene propinata a pranzo e cena. Su questo - lo ammetto - ho commesso io un errore: "Buona" dissi, cercando di essere cortese. Da allora il mio piatto è quello più pieno e la pianta vicino al tavolo - poveretta - comincia a deperire.
Oxana è una donna dai mille segreti che tiene custoditi nella sua camera e confida al telefono - sempre in quella lingua incomprensibile, ma sarà veramente russo? - quando una volta alla settimana chiama casa e ne resta sempre un po' turbata.
Nel tentativo di capire cosa c'è dietro i suoi occhi - tristi anche quando sorride - l'ho pedinata la domenica mattina, quando esce sempre silenziosa senza dire dove va. Camminando raso ai muri come chi si muove in una città nemica - lei davanti io qualche decina di metri indietro - siamo arrivati in un piazzale lungo l'Adige dove c'erano altre donne come lei che facevano la coda davanti a un furgone dalla targa straniera: consegnavano un pacco all'autista e ne ricevevano un altro in cambio. Ho scoperto che i punti dove arrivano quei furgoni sono due, in due parcheggi diversi a seconda della zona di provenienza. Per la spedizione si paga un tanto al chilo e la consegna è assicurata: lettere, piccoli regali, un po' di cibo, giocattoli ma non soldi.
Il pacco di Oxana, una scatola di cartone marrone legata con lo spago, l'ho tenuto bene a mente perché, ne ero sicuro, conteneva un suo segreto. Forse una di quelle magie che mi avevano stupito il mese prima quando da giorni avevo un dolorino al collo che non passava più. Mi alzavo la mattina credevo di essere finalmente libero e - zac - eccolo lì che mi bloccava, tenendomi la testa un po' di lato. Andò avanti a lungo, non c'era medicina che contava, finché la "strega" mossa a compassione mi ordinò di sedermi sullo sgabello e prendendomi da dietro fece un gesto veloce rimettendomi a posto con un crack. Guarito.
Un giorno saltò fuori che doveva fare rientro a casa e successe il finimondo: capimmo che senza di lei non si poteva più stare. Di altre badanti la nonna non ne voleva sapere: "Solo con l'Oxana - disse - mi sento in casa mia". In quella casa, si badi, dove vive da novant'anni. Non era questione di soldi - disse la badante, facendo comunque capire che di questo si poteva pure parlare - ma di un'emergenza da risolvere. Non disse una sillaba in più, anche perché sarebbe stato difficile spiegare l'emergenza con quelle venti parole in italiano che conosce, aprendo quel vocabolario scassato che si porta sempre dietro. Andò e tornò (quando ormai non ci speravamo più) facendoci tirare un sospiro di sollievo perché la nostra vita comoda non era più in pericolo.
Inutile nasconderlo, quella donna ci ha reso la vita molto più facile, si può dire che ci ha stregati perché di lei non possiamo più fare a meno.
Ma un giorno che se n'era andata con le amiche - tutte assieme a pregare in una chiesa improvvisata e semi clandestina - decisi di aprire quel pacco di cartone per scoprire il suo segreto.
Bastò sollevare un attimo il coperchio per vedere quelle foto con tante facce come la sua: carnagioni chiare, capelli biondo cenere, occhi azzurri, tutti vestiti a festa e sorridenti, qualche lettera e un ciuffo di capelli. Il segreto di quegli occhi tristi era lì, chiuso in una scatola di cartone sotto il letto.
2 commenti:
Si, e davvero triste: forse i famigliari dicono la stessa cosa "non possiamo piu fare a meno di nostra madre/nonna/figlia", ma loro non possono, o se lo fanno non ha peso perche le loro parole non valgono niente, come tutte le parole umane vengono travolte dal mondo dei soldi.
Sono contento di aver scoperto il tuo blog, e spero che tu sarai contento se avrai un lettore di mille chilometri lontano.
povera gente travolta dalla tragedia del comuunismo
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