06 novembre 2005

Anche il latte è globalizzato

Lo sapevate che la Polenta Valsugana (marchio registrato) la producono in provincia di Lecco per conto di una ditta di Bologna? E che la Polenta del Trentino, quella macinata a pietra e selezionata secondo la migliore tradizione trentina, la fanno nella zona industriale di Lana, in provincia di Bolzano? Quante sorprese può riservare una passeggiata fra gli scaffali di uno dei tanti Supermercati Trentini. Si può scoprire - ad esempio - che gli strangolapreti alla trentina, quelli verdi dell'insospettabile ditta Brugnara di Pergine, li producono e li confezionano in una fabbrica di Quinto di Treviso. E poi il latte, incredibile, il "Latte Trento", quello magro nella confezione da mezzo litro, con le mucche, il fienile e le Dolomiti sullo sfondo, ebbene quel latte è prodotto in uno stabilimento di Savona, così c'è scritto.
In preda al panico giro l'angolo, cerco lo scaffale dei biscotti e con la mano che mi trema prendo un sacchetto di Cuori, da sempre i miei preferiti, quelli della Prada biscotti del Trentino: giro la confezione e leggo che li fanno a Lamar di Gardolo. Almeno quelli.
In attesa che i fagioli di Lamon divengano trentini (con la speranza che continuino a coltivarli lì anche dopo che avranno spostato il confine con il Veneto) prendo atto con soddisfazione che al piano regolatore di Trento ci ha messo mano un urbanista spagnolo, che gli edifici dell'area ex Michelin (l'affare immobiliare più grosso del capoluogo trentino) li ha disegnati un architetto genovese e che la cupola del Mart di Rovereto, quella che è comparsa sulle riviste di tutto il mondo come esempio di grande architettura, l'ha disegnata uno svizzero.
E non è finita: se non ci fossero i raccoglitori dell'Est Europa le mele della valle di Non resterebbero sugli alberi e se per le vacanze di Natale non arrivassero i camerieri da fuori Provincia (quelli che nei ristoranti dolomitici vi servono la polenta e capriolo con il costume locale e l'accento sardo) molti alberghi potrebbero chiudere i battenti.
Bello questo Trentino globalizzato dove se alzate una serranda di via Malvasia trovate una moschea, se attraversate la strada vi offrono una sporta di cibo cinese, dove nella sala d'aspetto del mio dottore (il poliambulatorio di Centochiavi) capita di sentire parlare più spagnolo che italiano e nei cantieri edili è più facile essere ubbiditi se si danno gli ordini in lingua araba. Ma la domanda è questa: di che si occupano i trentini, se la polenta, il latte, gli strangolapreti e le case le fanno gli "stranieri"? Loro, i trentini, sono dentro il palazzo (uno dei tanti) a far funzionare l'autonomia, un meccanismo delicato che richiede il lavoro di migliaia di persone.
Di Trento e del Trentino piace il nome (piace anche me, fin qui l'ho scritto quattordici volte, adesso basta) tanto che le aziende fanno a gara per metterlo sulle confezioni dei loro prodotti e i Comuni che stanno oltre confine organizzano referendum per far parte del gruppo privilegiato (e non solo di nome si tratta, ovviamente). Ma al di là delle parole si fa fatica, ormai, a capire cosa c'è sotto.
Il Dellai lungimirante l'aveva già compreso due anni fa, quando per evitare confusioni e ambiguità diede ordine di installare le bandiere provinciali lungo le strade di confine: un modo chiaro - e vecchio come il mondo - di far capire qual'è la differenza tra qui e là. Le trovate ovunque queste bandiere, quelle che vedete nella foto sono ai 1.900 metri di passo San Pellegrino, fra Trentino (e fanno quindici) e Veneto per avvertire che di qua siamo autonomi: una notizia che forse era meglio non sbandierare, abbiamo visto che succede quando (a fasi cicliche) i vicini se ne accorgono.
Post scriptum: a proposito di polente, sugli scaffali dei Supermercati Trentini vendono anche quella Montanara, in una confezione rustica che promette quel sapore forte che piace a noi trentini. Dove la producono? A Veggiano, 21 metri sul livello del mare, pianura che più pianura non si può, in provincia di Padova, ancora una volta in Veneto, naturalmente.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quanto sei dolce, adesso ti spiego io cosa e' successo:
Quei Trentini che non avevano amici in Provincia non hanno trovato un lavoro stabile e comodo negli uffici. Quei Trentini i cui fratelli si sono rubati tutta l'eredita' se ne sono dovuti andare. Quei Trentini poveri senza casa, non l'hanno ricevuta dal Comune perche' i Marocchini hanno piu' diritto di loro e se le sono prese tutte. E le aziende agricole ricevono incentivi pecuniari se assumono extra-comunitari, e credi che i contadini si lascerebbero sfuggire una tale occasione? E se sei Trentino senza altri redditi, non puoi permetterti di vivere con lo stipendio pagato alle badanti russe (in nero per giunta!), a meno che non hai gia' la casa pagata o un altro stipendio o una baby-pensione o un marito che ti mantiene.
Quindi...quindi quei Trentini se ne sono andati, emigrati, per far stare Voi piu' comodi.
Andate a farvi in C...