28 febbraio 2007

Terapia d'urto

camper appese al chiodoCari lettori di questo blog, un attimo di attenzione prego. Sono lo psicanalista di ansel e tocca a me prendere in mano la situazione. Da tre mesi ormai il mio paziente vive in un mondo parallelo con un atteggiamento che talvolta sconfina nella paranoia. L'ultimo episodio è dell'altro giorno quando è uscito dal palazzo camminando raso muro e trascinando i piedi: è convinto che la gente lo riconosca dalle scarpe.
Quelle scarpe. Un vecchio paio di Camper (ops, ho detto il nome) da cui non si separa nemmeno per un attimo confidando che - presto o tardi - assisterà al grande evento e sarà immortalato con quelle calzature addosso. Nel frattempo l'hanno visto a carnevale mentre si fotografava i piedi su un selciato cosparso di coriandoli, l'hanno sorpreso con le scarpe mentre era a letto malato e nel soggiorno di casa impegnato a fotografarsi durante uno scatto da centometrista. Solo una volta si è separato dalle Camper (ops, l'ho detto ancora) ma fu solo per cederle a un suo compagno di bisboccia.
La situazione non è più sostenibile.
Sono il suo medico e su mia precisa prescrizione - in accordo con gretel e in nome del piccolo playboy - l'ho convinto ad appendere le scarpe al chiodo: le userà per esplorare la realtà fuori dal palazzo una volta alla settimana, forse due, non di più.
Ora è di là, scalzo. Dice cose senza senso che forse a voi - popolo dei blog - suggeriscono qualcosa: shinystat, technorati, blogroll, post, feed, hits, permanent link e target blank (la sua vera ossessione).
Serve una terapia d'urto.
In questi tre mesi di blog ha navigato in rete molto più a lungo della figlia di Bill Gates e ha visto cose che noi gente normale non possiamo nemmeno immaginare come - ad esempio - questo blog. Ha ammirato tramonti d'alta quota pensando che meritavano un bel post, ha trascorso il giorno di Natale controllando le statistiche d'accesso al suo sito, il Capodanno prendendo appunti per i post futuri e si è commosso per un commento che, secondo lui, ha colpito nel segno. Conosco quel commento ma il segreto professionale mi impedisce di rivelare quale sia. Comunque, se vi interessa il mio parere, non c'è nulla di speciale: un dialogo tra matti. Ma quel giorno, questo è certo, il mio paziente era felice.
I libri sulla lavatrice del suo bagno biblioteca si stanno accumulando. I film tornano in videoteca senza che nessuno li abbia visti. I preferiti del suo browser sono inutilizzati ormai da settimane e l'orizzonte di scrittura del mio paziente si è ridotto a venti righe: quanto basta a farci un post (ormai sono un addetto ai lavori pure io). Ma a lui non basta un post qualunque. No, nella sua follia ansel vuole un post memorabile, almeno un gran post se non il post definitivo: il post perfetto. Attende il momento giusto come il tenente Drogo attese l'arrivo del nemico tra i bastioni della Fortezza Bastiani (esatto: il Deserto dei Tartari è il suo libro preferito).
Temo per la sua incolumità dal giorno in cui si è fotografato le scarpe in cima alla torre civica di Trento. Vi ha fatto credere che dentro le Camper, in quell'istante, c'erano anche i suoi piedi? Palle! Le stava tenendo in mano, ma se aveste visto le foto del backstage con il mio paziente a piedi scalzi a cinquanta metri d'altezza converreste con me che non c'è nulla da scherzare.
Ora si è messo in testa che le macchine possono andare anche ad olio. Ho detto olio, non gasolio: quello che serve per friggere le patatine. Ha fatto anche un video. Finora sono riuscito a bloccare il post sull'argomento, ma non garantisco sul futuro: temo che riuscirà ad aggirare la mia sorveglianza.
E ora mantengo la promessa che gli ho fatto poco fa. Per i lettori giunti in fondo a questo lungo post, quelli che potrebbero non accontentarsi di un post settimanale, ecco un centinaio di pagine da leggere. Insomma, ecco a voi un libro. Mi ha pregato di dirvi che non si tratta di un libro nel cassetto, perché non è quello il posto dei libri, ma di un racconto che sarebbe già stato pubblicato se non fosse che l'autore (ansel) è paralizzato dal terrore di ritrovarlo in vendita a metà prezzo su una bancarella fuoridalpalazzo: capito la follia? Ma ci stiamo lavorando.

26 febbraio 2007

Previsione errata. Purtroppo

previsione errataCaro collega anonimo, ti scrivo dal futuro per avvisarti che hai sbagliato. Ho letto un tuo pezzo su un ritaglio di giornale del 1972 (titolo: fra trent'anni tre mesi di ferie) e ho visto che prevedevi per noi uomini del 2000 una settimana lavorativa di 28 ore suddivise su 4 giorni con tre mesi pieni di ferie all'anno. E' andata male, putroppo: lavoriamo esattamente come voi degli anni Settanta, cioè 40 ore settimanali con 4 settimane di ferie l'anno. Peccato.
Ti perdono perché nel frattempo altre previsioni sbagliate ci hanno divertito: un telefilm di quegli anni (Spazio 1999) prevedeva la colonizzazione della Luna e tu stesso (come hai potuto?) hai raffigurato l'uomo del 2000 con una tuta e un casco spaziale. Siamo nel 2007, collega, ma tute di quel tipo le indossiamo al massimo a carnevale, le auto non volano e (purtroppo) vanno ancora a benzina (quasi tutte, almeno).
Come autore di previsioni azzardate sei comunque in buona compagnia: nel 1995 l'inventore dello standard di rete Ethernet aveva previsto l'esplosione di internet (nel senso di deflagrazione!) e negli anni Venti - l'epoca del film muto - il fondatore della Warner Bros si chiese chi mai potesse essere interessato a sentir parlare gli attori. Infine negli anni Settanta un futuro giornalista e blogger aveva previsto per sé stesso un futuro di musicista o pilota d'auto da rally (l'uno non escludeva l'altro) ed è finito a scrivere fuoridalpalazzo.

25 febbraio 2007

Corri, corri: ma dove vai?

scarpe camper ai blocchi di partenzaIn perfetta coerenza con lo spirito dell'iniziativa parlerò della Giornata della lentezza con cinque giorni di ritardo: era lunedì scorso e questo è il post di domenica, più lenti di così si muore ma queste sono le regole del gioco e non ho sensi di colpa. Il fatto è che ci hanno allevati esortandoci a far presto di continuo: svegliati, spicciati, muoviti, fai veloce, sbrigati, pedala, galoppa e datti una mossa. Non c'è bambino a cui si dica "fai piano" tranne forse quando si sta strozzando per la velocità con cui mangia un panino, ma questa è un'altra storia che con la celerità non ha nulla a che vedere. Scrollarsi di dosso, anche solo per un giorno, gli inviti ad essere rapidi accumulati in una vita vissuta alla rincorsa non è un'impresa facile.
Fermiamoci un attimo a riflettere (la giornata della lentezza serve anche a questo). Se di una persona dico che è un tipo "veloce" significa che è sveglio, perspicace, rapido svelto o quantomeno scaltro. Dargli del "lento" invece è un'offesa che lascia immaginare un tipo pigro, forse sovrappeso o addirittura poco dotato dal punto di vista intellettuale, insomma uno che nella corsa della vita rischia di rimanere indietro. Fatto imperdonabile nella società dei celeri.
Ecco perché la Giornata della lentezza - l'iniziativa di un'associazione di Pavia che si può approfondire sul sito internet www.vivereconlentezza.it - è di quelle che lasciano un po' spiazzati e trova breccia solo perché a forza di essere veloci ci ritroviamo troppo spesso col fiatone.
Seguiamo quindi i consigli di chi punta a rallentare nella speranza che la corsa sia più piacevole. La giornata lenta inizia piano ma presto, perché ci sia tempo abbastanza per fare con calma tutte le cose di cui c'è bisogno. Dopo aver fatto colazione - il modo più lento di iniziare la mattina - uscite di casa e preparatevi al traffico o alle code al supermercato: non arrabbiatevi se qualcuno vi fa perdere tempo (nel giorno della lentezza vi stanno facendo un favore) ma usate la sosta forzata per programmare (lentamente) i vostri impegni.
Procedete senza fretta, ma se avete in tasca un telefono cellulare (e ce l'avete) sappiate che non riuscirete a frenare più di tanto perché il mondo che vi corre attorno (e di cui fate parte) non rinuncerà a cercarvi e richiamarvi all'ordine per tenere alto il ritmo. Per lo meno - vi consigliano i cultori della lentezza - evitate di fare due cose allo stesso tempo, come telefonare e scrivere al computer. E poi non complicatevi la vita: non iscrivete i figli a scuola di musica dall'altra parte della città per di più all'ora di punta; imparate a dire a "no" agli impegni che non riuscirete a rispettare; non correte a fare la spesa al centro commerciale fuori città per risparmiare pochi euro se il negozio sotto casa è ben fornito; rinunciate alla gita domenicale quando sapete già che al rientro passerete tre ore incolonnati in autostrada; quando organizzate le vacanze prevedete un paio di giorni per rilassarvi prima e dopo il viaggio; non abbiate paura di mantenere nella vostra agenda dei sani momenti di vuoto; se potete, prendete il tempo di fare una passeggiata lasciando l'automobile parcheggiata in garage; se non riuscite a vedere un programma alla televisione evitate di videoregistrarlo perché vi procurereste lo stress di doverlo guardare in seguito; una sera prendete un foglio e scrivete una lettera vera (di carta) al posto di un'email regalando al destinatario l'emozione di una cosa d'altri tempi.
Ma se fischiettare felici nel traffico paralizzato, passeggiare tranquilli mentre il bimbo vi attende all'asilo entro cinque minuti, sopportare mezz'ora di coda per pagare una bolletta allo sportello della posta e magari farvi un sonnellino pomeridiano (una vera rarità) sono lussi che non potete permettervi (e chi può?) continuate pure a correre: il vero problema, cari cultori della lentezza, non è quello di rallentare ma di capire dove si sta andando.

23 febbraio 2007

Un popolo dai gusti difficili

caffe per tutti i gustiC'è chi lo beve espresso, macchiato e corretto. Ma se l'elenco finisse qui sarebbe troppo facile: può essere lungo o ristretto, macchiato caldo o macchiato freddo, corretto vecchia, corretto grappa o infine con la correzione a parte. Basta? Macché! C'è chi lo vuole d'orzo (magari in tazza grande) e chi decaffeinato (e per di più pretende che sia della marca giusta). E ancora: marocchino, americano, irlandese (irish), viennese, con panna e con gelato. Quand'è estate si può chiedere con ghiaccio oppure shackerato mentre i più raffinati lo vogliono con una spruzzatina di cacao. Finito? Mi fermo qui anche se potrei continuare a lungo. Parlo di caffè, ma della tazzina mi importa poco: se chiedo un macchiato caldo e mi portano il bricchetto del latte freddo a parte nemmeno me ne accorgo. Il punto è che se gli italiani fanno i difficili già di primo mattino davanti al bancone del bar, poi è inutile lamentarsi quando alle elezioni si trovano di fronte una lista come questa e dopo nove mesi bisogna già inventarsi una miscela nuova.

22 febbraio 2007

Un paese di coglioni

scheda elettoraleDa ieri sono ufficialmente un coglione e qui sopra - se fosse necessario - c'è la prova. Ma io non sono un coglione normale, io sono andato oltre. Era la primavera dell'anno scorso quando tentavo di convincere amici e conoscenti che il voto andava messo a sinistra, che bisognava mandare a casa quella destra (proprio quella che ci chiamava coglioni), che dovevamo sperare in un governo nuovo e soprattutto che non avremmo ripetuto gli errori del passato perché nessuno della sinistra (nessuno!) avrebbe avuto il coraggio di far cadere il nuovo governo per consegnare il paese un'altra volta a Berlusconi. Che coglione.
Ma prima bisognava vincere. Non erano più, per me, gli anni dei volantini infilati nelle bussole delle lettere e sotto i tergicristalli delle macchine così ho fatto una cosa nuova: ho preso un numero di conto corrente bancario, ho digitato una piccola cifra sul sito internet della mia banca on-line e ho premuto invio. Che coglione.
Poi sono andato a votare e - da vero coglione - ho fotografato il mio voto scrivendoci anche un pezzo perché pensavo fosse un'occasione storica: un voto da immortalare.
Infine ho esultato. In ritardo e senza grande convinzione (perché con un pugno di schede di vantaggio non c'era da gridare vittoria) ma ho esultato assieme a pochi amici e sono andato a letto sognando il paese che verrà. Che coglione.
In questi nove mesi ci ho creduto - nonostante tutto - perché invece degli operai contro il governo abbiamo visto scendere in piazza i commercialisti: fatto inedito che mi aveva fatto ben sperare. Che coglione.
E ieri - alle tre del pomeriggio - mi sono sentito come dieci anni fa. Ho alzato gli occhi verso la televisione e (come allora) ho visto un uomo con i baffi che, ho avuto l'impressione, sorrideva.

Ho lasciato che un uomo con i tacchi alti, i capelli finti e una moglie che lo sputtana scrivendo lettere ai giornali desse a me del coglione. Quello che non sopporto, ora, è che un pugno di integerrimi politici di sinistra, gente che in nome delle idee si scrolla la responsabilità di dosso, uomini che dissertano di affari esteri rischiando di consegnare quelli interni a Berlusconi, non sopporto che due come loro facciano di me e di 20 milioni di italiani - ora ufficialmente - un paese di coglioni.

P.S. cari amici che avevate previsto la nascita e la breve fine del governo Prodi fatevi sotto: è il vostro momento.

21 febbraio 2007

La prossima funivia

funiviaPer motivi che a chi legge da lontano possono sembrare strani - abituato ad autobus, camion oppure ferrovie - davanti alle finestre della nostra camera da letto passa una funivia. Così quando sorge il sole il piccolo playboy, che nel frattempo ci ha raggiunto, rompe il silenzio del quartiere puntando il dito indice verso il cielo e accompagnando il gesto con un grido: "Ahhhhhhhh!". Funivia. Allora noi tiriamo su il piumone e ci giriamo dall'altra in attesa del prossimo passaggio (Ahhhhh!, non se ne perde uno) sapendo di poter contare su un bonus di un quarto d'ora circa che - rispetto ai cinque minuti tradizionali - in fondo non è male. Sperare che, per qualche motivo, la piccola cabina ritardi non è lecito perché siamo in Trentino e da nove anni almeno certi pensieri li abbiamo eliminati.

20 febbraio 2007

Augh!

scarpe camper a carnevaleNella vita arriva sempre un bivio. Talvolta capita che non ti accorgi nemmeno della svolta e continui per la tua strada come se fosse l'unica possibile. Poi - a distanza di anni - ti volti indietro per ripetere il percorso sull'onda dei ricordi e scopri che se ora sei lì, al tuo posto, un motivo c'è: il bivio. Oggi è l'anniversario del mio bivio. Era il martedì grasso di molto tempo fa e tra le tante possibilità decisi che - in un mondo in cui la massima aspirazione di un bambino era diventare uno sceriffo - io avrei fatto... l'indiano. Erano anni in cui le famiglie si riunivano davanti alla televisione per guardare zio Zeb che portava la sua famiglia americana alla Conquista del West: fare il pellerossa non era una scelta facile. E infatti mi ritrovai nel cortile della parrocchia con il mio vestito arancione da Sioux, un arco finto e qualche freccia assieme a un fantasmino (vestito facile, bastava un lenzuolo con due buchi al posto degli occhi) e a un petroliere arabo (come il fantasmino, solo che bisognava lasciare libero il volto e prendere una tanica di kerosene dal garage). Eravamo lì, noi tipi strani, in mezzo a una folla di cow-boy urlanti - cappello, fazzoletto al collo e baffi disegnati sotto il naso - che facevano bang! bang! con la pistola tentando di impressionare una folla altrettanto affollata di fatine con la bacchetta in mano. In quel piazzale addobbato a festa doveva esserci, da qualche parte, la mia squaw ma nella moltitudine di yankee non riuscii a trovarla e tornai a casa un po' infelice. La incontrai solo dopo molti carnevali (con un berretto strano in testa, e non era martedì grasso!) quando ormai mi ero reso conto di quel bivio, talvolta un po' nascosto. E' la svolta che porta alcuni a rompere le righe (o andare sopra le righe) in un mondo di gente che sta in riga, che porta altri a cantare fuori dal coro, senza per questo essere stonati. A me di quel vestito arancione è rimasta la passione di lasciare le mie tracce fuoridalpalazzo, senza rimpianti per una stella da sceriffo. E se oggi alla sfilata vedrò un bambino con un vestito diverso dagli altri farò il tifo per lui. Augh!

19 febbraio 2007

A.A.A. vendo causa motivi familiari

basta con il golfNon bisognerebbe mai scrivere un pezzo ironico quando si sta poco bene, perché c'è il rischio di non riuscire a muoversi in equilibrio sul filo sottile che separa la realtà dalla finzione. Io ho commesso quest'errore e sul giornale di ieri è uscito un pezzo un po' triste (così mi hanno scritto) per di più dedicato ai piccoli playboy (cioè i bambini, per chi non legge assiduamente questo blog). Ora che sto meglio (wow!) rimedio subito affrontando l'argomento con una buona notizia: una delle lettrici di questo blog è in dolce attesa! Sarà lei - se vorrà - a fare outing con il suo (nick)name, intanto però ha già rivelato che sarà costretta a rinunciare alla sua passione per il golf inviando questo annuncio a una ristretta cerchia di amici. Il golf (sic!), sport da ricchi nonnini (più che da giovani genitori) di cui non riesco a capire il costo della rinuncia... Tutto questo per dire che la lettrice in realtà ha commesso un plagio, perché il primo ad informare il mondo della nascita di un piccolo playboy con un annuncio economico fu il sottoscritto. Questo è l'annuncio che trovò soddisfazione pochi mesi dopo la sua uscita e che ancora mi provoca - lo ammetto - una certa nostalgia.

P.S. golf, moto, calcio, cinema, sci, montagna, bicicletta, lettura e cene con gli amici... le rinunce sono tante e si affrontano volentieri ma alla persona che ieri mi ha chiesto scandalizzata se veramente esistono genitori che mettono al mondo figli per poi sperare solo che dormano il più possibile voglio rispondere in modo univoco e con un tono che non ammette repliche: esistono. E hanno tutta la mia comprensione.

16 febbraio 2007

Mali di stagione

ansel malatoAhi ahi! A quanto parte oggi mi è toccata la cosa che più temo: dovrò restare dentroilpalazzo!

15 febbraio 2007

Il bagno biblioteca

piccola biblioteca in bagnoPer trovare un bagno biblioteca non devo fare molta strada: ce n'è uno a casa mia. La prima regola per un bagno di questa categoria è semplice ma fondamentale: il materiale di lettura deve già essere pronto vicino al wc, perché non sempre c'è il tempo - quand'è ora - di cercare un libro o un giornale adatto al momento. La seconda regola smentisce il luogo comune secondo cui le opere da leggere in bagno devono essere di infimo livello così - all'occorrenza - si possono usare le pagine quando finisce la carta igienica. Vergogna! Le letture in un bagno biblioteca devono essere di ottima qualità e che nessuno si sogni mai di usare le pagine per altri scopi (anche perchè la carta ruvida dei libri o patinata delle riviste sotto quel profilo vi lascerà del tutto insoddisfatti).
La qualità dell'opera è importante perché in quell'istante - oltre alla lettura - avrai altri pensieri. Nel mio bagno biblioteca la lavatrice è un'ottima scrivania, all'occorrenza anche per il computer portatile, e lì sopra, se ti capiterà di essere mio ospite, avrai a tua disposizione una raccolta di racconti di Dino Buzzati (Sessanta Racconti) che trovo siano della lunghezza giusta. Ti consiglio Sette piani, l'odissea di un malato dai piani alti a quelli più bassi (e tristi) di un prestigioso ospedale d'altri tempi: potrai calcolare, scendendo un piano alla volta verso l'inferno, quanto tempo ti rimane e saltare all'occorenza qualche riga.
Se sei un tipo veloce ecco per te Marcovaldo di Italo Calvino. Novelle brevi - una per ogni stagione - per bisogni più che urgenti: linguaggio semplice per non impegnarti troppo ma, se ti lasci trasportare dalla metafora, grande contenuto, alla scoperta delle avventure di un uomo buono nella città tentacolare.
Se invece sei un tipo lento prendi tutto il tempo che ti serve e avventurati in un libro che certo avrai letto ma - se ti ha fatto vibrare le corde giuste, fatto non scontato - ti piacerà rileggere: La versione di Barney. Lasciati guidare dalle sottolineature della mia copia e, dove i tratti di matita si fanno più frequenti e decisi, troverai il passaggio in cui Barney Panofsky ordina una zuppa di granchio (che gli fa schifo) pur di impressionare la spettacolare Miriam (io me l'immagino così, con il suo vestito di chiffon azzurro) nella prestigiosa Prince Arthur Room di Toronto che cominciava a girare (virtualmente) per i troppi bicchieri di champagne: cazzo, cazzo, cazzo, tanto per citare l'autore alla lettera. E se tutto questo ti sembra ridicolo (giusto per rendere omaggio al ricco pubblicitario francese Frédéric Beigbeder, autore di L'amore dura tre anni, titolo che egli spera con tutto il cuore di smentire per vivere finché morte non lo separi dall'amata Alice) ebbene se tutto questo ti sembra ridicolo, caro lettore di questo blog, vai al diavolo! Sappi solo che nel mio bagno non ti ritroverai mai costretto a leggere - per la disperazione - le istruzioni di un detersivo o di un prodotto anti calcare.

13 febbraio 2007

San Valentino

San Valentino? Roba da smidollati. E se ti raccontano che nell'anno 200 Valentino da Interamna - santo patrono dei venditori pakistani che battono i ristoranti - riconciliò due giovani regalando loro una rosa da tenere in mano per non dividersi mai più, non farti ingannare: è solo una leggenda, non basta un fiore per riunire due che litigano. Però un post lo voglio fare, quindi beccati questo video da me prodotto e una poesia di uno scrittore morto giovane che mi ha suggerito Eus. Pfui!

Non vorrei crepare
prima d'aver consumato la sua bocca con la mia bocca
il suo corpo con le mie mani
il resto con i miei occhi
non dico altro
bisogna restare umili...
Boris Vian



P.S. e ora vediamo chi indovina più film...

12 febbraio 2007

Dialoghi domestici

dialoghi domesticiansel: ehi! gretel, dove sei? ho scritto un post! devi leggerlo! che post ragazzi, un gran post! che ritmo, che contenuti, che stile! che scorrevolezza, che originalità! greeeeetel, dove ti sei cacciata? devi assolutamente leggere questo post, non puoi perderlo! è il mio migliore! o forse no: il migliore è quello che scriverò domani! eh eh eh! gretel, gretel ma dove sei finita? questa volta gliene ho cantate quattro, vedrai, ma era ora che qualcuno lo facesse, perbacco, bisogna pur che qualcuno le scriva certe cose, una volta per tutte. gretel! greeeetel! ah eccoti qui! ti eri nascosta? tieni, leggi: fai attenzione soprattutto all'inizio, molto garbato, poi cresce, monta, vado giù duro. troppo duro? ma no, ci sta tutto, quelli se lo meritano. certo non ho fatto nomi e cognomi, mi sembrava esagerato... dovevo? forse ho sbagliato, chissà... che dici, ho sbagliato? ma siamo ancora in tempo, ora ci metto mano e lo cambio. sì, sì, devo modificarlo, c'è un altro passaggio che non mi convince, ad esempio questo e poi questo... ma gretel, che fai? cosa stai leggendo? il post è questo in alto! l'hai saltato in tronco! quelli in basso sono i commenti!!!

gretel: ...sono quattordici anni (oggi) che mi stressi, i tuoi post li so prima ancora che tu li scriva, leggo il blog solo per la curiosità di vedere se c'è ancora qualcuno, qui su internet, che riesce a sopportarti...

11 febbraio 2007

Spegnere la lucetta non basta

lucetta stand byGli appelli si moltiplicano: ci hanno chiesto di sostituire le lampadine a incandescenza, cioè quelle normali, con altre a basso consumo e noi l'abbiamo fatto. O meglio: l'ha fatto chi è riuscito ad avere il kit gratis dalla sua società elettrica gli altri non so, perché quelle lampadine durano una vita (più o meno il tempo che ci mettono ad accendersi) ma costano anche venti euro.
Ci hanno detto di tenere il coperchio sulla pentola dell'acqua che bolle e di regolare la fiamma del gas in modo che non sporga da là sotto e l'abbiamo fatto volentieri, anzi già lo facevamo perché la bolletta del gas la paghiamo noi e non ci va di buttare via i soldi, nemmeno quelli del riscaldamento. Così quando ci hanno detto di abbassare un po' il termostato abbiamo ubbidito volentieri, mentre negli uffici i termosifoni vanno a tutto spiano. Ma ognuno è padrone in casa propria.
Ci hanno detto di usare meno l'auto e ognuno fa quello che può: c'è chi va in bicicletta (e respira gas e polveri prodotte dagli altri) e c'è chi ha iniziato a prendere l'autobus. Ma la motivazione vera - nessuno s'illuda - non è l'inquinamento, ma il parcheggio che non si trova se non a pagamento. Quando invece ci hanno detto di premere piano sull'acceleratore hanno sfondato una porta aperta: da quando la benzina ha superato l'euro a fare le corse è rimasto solo qualche giovanotto il sabato sera.
Ci hanno detto di fare la doccia e non il bagno, così consumiamo molta meno acqua calda. E noi l'abbiamo fatto, anche perché non c'era scelta: la vita è frenetica chi trova il tempo di concedersi un bel bagno nella vasca piena di schiuma?
Ci hanno detto di acquistare auto poco inquinanti o - ancora meglio - alimentate a gas metano e chi poteva ha subito eseguito, anche perché con gli euro 0 e gli euro 1 non si può più circolare. E chi non ha i soldi? Nelle città severe come Trento prende la multa, nelle altre fa lo stesso.
Ci hanno detto di spegnere la lucetta rossa della televisione, del videoregistratore e dell'impianto stereo perché - sorpresa! - per tenere accese tutte le lucette rosse d'Italia serve una centrale termoelettrica. E qui è stato più difficile perché abbiamo scoperto che ci sono apparecchi che hanno la lucetta accesa obbligatoria e allora ci chiediamo: ma chi li ha progettati?
Ci hanno detto di comprare i prodotti locali, se possibile, così ci sono meno camion sull'autostrada per portare in giro gli alimenti. E noi l'abbiamo fatto, perché in fondo il latte delle nostre mucche ci sembra anche più buono.
Il primo febbraio ci hanno detto di spegnere la luce per cinque minuti almeno: io e il mio collega P. l'abbiamo fatto e siamo rimasti in redazione al buio ad osservare su internet la Tour Eiffel e il Colosseo che scomparivano. Abbiamo detto: oh! ma poi abbiamo guardato fuori dal palazzo e tutte le finestre (tranne la nostra) erano rimaste accese. Non ci siamo persi d'animo: il 16 febbraio ci riproviamo, sperando di avere compagnia.
Ci hanno detto di costruire le case nuove con gli isolanti migliori: fatto. Di acquistare elettrodomestici che consumano meno : fatto. Di non lasciare le luci accese quando usciamo da una stanza: fatto.
Poi è arrivato un signore ad un convegno sul cambiamento del clima e - presentandosi come uno che dice pane al pane e vino al vino - ha dichiarato: «Ognuno deve fare tutto ciò che può per diminuire i gas serra, causa del riscaldamento della terra». E noi - orgogliosi, con la coscienza a posto - lo ascoltavamo felici mentre aggiungeva: «Ma se la Cina e l'India continueranno a svilupparsi seguendo l'esempio di noi paesi industrializzati non ci sarà nulla da fare». Allora, sconfortati, siamo usciti dalla sala sperando che qualcuno di quei personaggi che nella sua stanza dei bottoni ha un interruttore vero, uno di quelli che spengono città e nazioni intere, si decida finalmente a darci un taglio.

09 febbraio 2007

Le armi della persuasione

ragazza bionda: buongiorno, posso farle qualche domanda?
ansel: no, scusi... vado di fretta... sono un tipo molto occupato!
bionda: ma si tratta di un questionario per un'importante indagine statistica sulla cultura, non le porterò via più di cinque minuti...
ansel: ah be' allora, dica pure.
bionda: le piace la lettura?
ansel: io amo la lettura.
bionda: benissimo. e quanti libri legge in un anno?
ansel (bugiardo): così su due piedi non saprei risponderle... diciamo tra i 50 e i 100 libri...
bionda: wow!
ansel: emm, modestamente me la cavo, mi diletto anche nella scrittura...
bionda: ma è fantastico! e che genere di libri legge?
ansel: di tutto! narrativa soprattutto, ma anche saggi, i classici...
bionda: molto bene, lei è un vero intellettuale.
ansel (guardandole le gambe): grazie cara, dammi pure del tu...
bionda: dove acquista i suoi 100 libri l'anno?
ansel: in genere in libreria, quando riesco a trovare un attimo di tempo...
bionda: guardi questa lista, conosce qualcuna di queste opere?
ansel: ma certo! questa ce l'ho, questa anche, questo l'ho letto (molto bello), questo lo devo acquistare...
bionda: signor ansel, lei è un vero esperto!
ansel: ma non ci davamo del tu?
bionda: ma certo! sono lieta di annunciarle, dottor ansel, che lei ha tutti i requisiti per entrare nel club degli intellettuali e avere quindi diritto ad acquistare le migliori opere letterarie, come quelle della lista, con uno sconto del 30 per cento!
ansel: ummm... e quanto costa?
bionda: è gratis! l'unico impegno è di acquistare 20 opere l'anno, una vera bazzecola per uno come lei da 100 libri l'anno, non è vero?
ansel: eh già... ma a me piace andare in libreria...
bionda (trionfante): una persona occupata come lei? ma signor ansel, pensi al tempo che risparmierà ricevendo comodamente a casa le opere del club degli intellettuali. Prego, metta una firma qui, un'altra qui... una qui per la privacy, una qui per le clausole legali...


P.S. Le armi della persuasione di Robert Cialdini

08 febbraio 2007

Il bagno anni Settanta

bagno anni SettantaIl bagno anni Settanta è un errore della storia. Anche l'agente immobiliare, quello che parla una lingua diversa dalla nostra, aprirà la porta ai visitatori mettendoli sull'avviso: "Questo è il bagno ma, come vedrete, è da rifare". I visitatori osserveranno, restando fuori per prudenza, e senza alcuna esitazione concorderanno: rifare. Costi quel che costi questo bagno è da rifare.
Il bagno anni Settanta non lo vuole più nessuno. Con i suoi sanitari color rosa, azzurro, a volte viola, nei casi più estremi addrittura nero dove le gocce di calcare spiccano come la neve su un vulcano. Nel bagno anni Settanta è arrivato il metano ma lo scaldabagno elettrico è rimasto al suo posto, con un filo spelacchiato che penzola sopra la vasca da bagno e viene utilizzato per stendere la biancheria umida. Dalle tubazioni - che possono essere anche anni Cinquanta o anni Sessanta - esce un filo d'acqua di tonalità marrone. Ma il vero esperto per recensire il bagno non osserverà il colore, bensì il rumore che al primo zampillo comincerà a diffondersi ai piani alti e bassi del palazzo: una vibrazione prima sommessa e poi sempre più potente accompagnata da un suono sordo. WUUUOOOOOOOOO. Tutto il quartiere sa quando un inquilino tira l'acqua di un bagno anni Settanta, dove i più previdenti tengono anche una pinza per chiudere il rubinetto generale incastrato in caso di allagamenti.
Al bagno della foto, nella sua categoria, darei volentieri il massimo dei voti: osserva, caro lettore, il rubinetto corroso a destra in basso nella foto; contempla il pavimento scuro ineguagliabile, l'autentico lavabo rosa ormai introvabile. Ma nella votazione mi devo trattenere perchè manca un dettaglio fondamentale: i tappetini pelosi, ritagliati in modo da infilarsi perfettamente sotto il lavandino, il bidè ed il wc. Il pelo - prodotto con materiale sintetico vietato dalle attuali normative - deve rispettare standard precisi, con un lunghezza di dieci centimetri almeno in modo da trattenere batteri, microbi, sostanze organiche in generale e custodirli gelosamente.
Il bagno anni Settanta, caro lettore, fa cagare e in questo assolve diligentemente la sua funzione. Incompreso.

07 febbraio 2007

Sarà per un'altra volta

sms mortaleOggi mi ha chiamato la morte ma il mio telefono per fortuna era occupato: triste signora con la falce, mi dispiace, ci sentiamo un'altra volta. Erano le 9 e 17, evidentemente la mia ora, quando stavo conversando con un'altra persona a cui sono debitore anche se è un vigile urbano. Nel parlare sento un bip e poi un altro e un altro ancora perché la morte, quando vuole, sa essere insistente. Ma io - con l'arroganza di chi ignora - ho deciso che la signora, chiunque fosse, perbacco, poteva aspettare il proprio turno.
Ero nell'atrio dell'asilo dove il termometro segna sempre 25 gradi così i piccoli playboy possono giocare anche in maglietta, ma ugualmente ho sentito un brivido di freddo e ho pensato: chiudete quella porta! Ma la porta, ho controllato, era ben chiusa. Conclusa la telefonata ho verificato quel numero molesto pronto a richiamare perché io sono gentile e soprattutto un ottimista: quando squilla il telefono spero sempre che sia una notizia, buona o cattiva non importa, purché riguardi gli altri e si possa scrivere sul giornale. Lo faccio di lavoro.
Basta, stavo per premere il tasto verde del telefono quando un lettore di questo blog - che ora non cito, ma ringrazierò via email - mi ha salvato la vita per la seconda volta, con un messaggio che ha fatto squillare ancora il mio telefonino. La morte può aspettare e io - incosciente - me ne sono presto dimenticato finché, rientrato a casa, mi è tornato in mente quel numero sconosciuto e mi sono detto: ora richiamo. Ma.
Ma prima di telefonare ho deciso di verificare sulle pagine bianche chi fosse il titolare di quel numero che comincia per 090. Così, più curioso che diffidente, ho aperto paginebianche.it e ho visto questo.

Caro lettore di questo blog, io non temo gatti neri, passo sotto le scale senza timore, saluto le suore volentieri e mi tocco le palle solamente quando si mettono di traverso dentro i boxer, però oggi - mi scuserai - non chiamarmi per telefono e non suonare il campanello: non ci sono per nessuno.

06 febbraio 2007

Sono giunto al limite

scarpe camper con calzino consumatoSono arrivato al limite, ma un altro giro fuoridalpalazzo con questo paio di calzini me lo faccio. Spero non mi capiti di entrare in una moschea com'è successo la settimana scorsa in Turchia al presidente della Banca Mondiale che ha esibito due alluci scoperti. Per il resto motivi di togliermi le scarpe all'improvviso purtroppo non ne vedo. A meno che non accolga l'invito che tale Frankie mi ha spedito in email qualche giorno fa: "Cambia scarpe". Non ancora.
Lo so, caro lettore di questo blog, sulla gaffe del presidente arrivo tardi ma devo ancora riprendermi dallo choc per la foto di quei calzini bucati diffusa in tutto il mondo. Sai, sono cresciuto con questa raccomandazione quotidiana: cambiati le mutande che se per caso ti succede qualcosa e finisci all'ospedale almeno le hai pulite. Quando all'ospedale ci sono finito veramente le mutande le hanno tagliate con le forbici ed ero troppo confuso per ricordare di che colore erano. Da quel giorno ho sempre giudicato con sufficienza le raccomandazioni delle mamme. Finché ho visto quei calzini: se Paul Wolfowitz avesse avuto una madre italiana questa disavventura non gli sarebbe accaduta. Ma la mamma è un tema troppo importante per gettarlo via così, ci scriverò un altro post.

P.S. qualche giorno fa è passata fuoridalpalazzo Ironica che - nel dare sfoggio di cultura sulla televisione degli anni Settanta, Fonzie e dintorni, ci ha dato (lei!!!) dei vecchi. Ebbene la risposta l'affido direttamente alla blogger più vecchia del mondo (95 anni) che con il suo blog ci insegna che non è mai troppo tardi.

P.S. mi hanno impressionato le fotografie del figlio dell'agente Filippo Raciti che ha partecipato al funerale del padre in divisa. Sul punto - dopo Genova 2001 - non voglio dire nulla, ma vi segnalo uno sbirro (solo di nome) che ha scritto una cosa interessante nel suo blog.

05 febbraio 2007

Un calcio al passato

Prima o poi dovevo farlo. In un mondo dove i metri quadrati delle case costano un occhio della testa non posso permettere al passato di sottrarre spazio al presente. Così sono andato nel sottotetto e l'ho presa, ma prima di gettarla nel cassonetto ho voluto farla suonare un'altra volta, l'ultima: il suono dell'Olivetti Lettera 82 ora è registrato sui server di You Tube. Mi piaceva l'idea di inaugurare così, con un calcio al passato e un filmato affidato ai posteri, i video di fuoridalpalazzo.
Caro lettore di questo blog, il dubbio è legittimo, sputa il rospo: che ci faceva in casa mia una macchina per scrivere? Devi sapere che nell'era digitale - quella in cui con un telefonino puoi girare un video come quello allegato a questo post e in due minuti spedirlo in rete - la prova scritta per diventare giornalista professionista si deve sostenere utilizzando una macchina per scrivere meccanica. Incredibile vero? A me toccò nell'ottobre del 2001 quando sentii la gigantesca sala dell'Hotel Ergife (Roma) vibrare al battito di migliaia di tasti metallici, una musica simile a quella che puoi sentire nel famoso video di Jerry Lewis. Molto pittoresco, ma poco serio: ci sono giovani che non hanno mai visto una macchina per scrivere, scrivono pezzi inappuntabili ma vanno nel pallone quando è ora di sistemare il nastro con l'inchiostro. Con la mia Olivetti presa a prestito sono diventati giornalisti vari colleghi ma non mi renderò più complice di una farsa fuori dal tempo. Di gettarla in un cassonetto, lo so già, non troverò il coraggio: se qualcuno la vuole, a Trento e dintorni, mi scriva in email che gliela regalo, con la consapevolezza, però, che non vale niente. E se un giorno sentirò la nostalgia di quel suono sincopato, colonna sonora di un'epoca da me evitata per un soffio in cui l'attività di una redazione di giornale si misurava in decibel, aprirò il blog e me l'ascolterò contento.

04 febbraio 2007

Breve storia dello sci

sci telemark con le scarpe camperCon un paio di sci Spalding e due scarponi marca Caber cominciai la mia esperienza sulla neve. Erano gli anni in cui lo sci si praticava in coda, fermi per venti, anche trenta minuti in attesa allo skilift, facendo attenzione a non pestare le code degli sciatori più avanti, compito difficile con attrezzi che - nel caso dei più bravi - superavano i 2 metri e 10. Lo skipass non c'era: al suo posto si usava un tagliandino di carta che l'addetto fissava al collo con uno spago bloccato da un sigillo. Chi voleva spendere poco acquistava i "punti" e quando finivano andava al bar.
Lo skilift - impianto ormai quasi scomparso - per lo sciatore alle prime armi rappresentava un incubo, soprattutto quelli ad ancora su cui si saliva in coppia. Aggrappati allo skilift i principianti viaggiavano con i muscoli del corpo tesi, temendo strattoni, lastre di ghiaccio, fermate improvvise che li avrebbero fatti cadere e ripetere la coda. I bambini salivano con il papà e nessuno diceva nulla. Le piste le battevano - forse - una volta ogni tre giorni e quando si formavano le gobbe tornavano comode per farci il giro attorno evitando di prendere una velocità eccessiva.
All'inizio degli anni Ottanta quelle code raggiunsero dimensioni epiche tanto che gli impiantisti, fiutando il grande affare, smantellarono gli skilift per costruire le seggiovie, talvolta quadriposto, spesso a sganciamento automatico per viaggiare più veloci, capaci di portare in vetta migliaia di persone all'ora. Non fu la fine delle code perché - come previsto - l'affollamento passò dall'impianto alle piste, che erano rimaste tali e quali.
In quegli anni la pista era un prato, più o meno ripido, privo di alberi, che dalla cima portava a valle. Ma era chiaro che per ospitare migliaia di sciatori all'ora ci voleva altro che un prato: gli alberi vennero tagliati per far spazio a nuove piste, i tracciati vennero allargati per accogliere nuove folle e gli sciatori - quelli che esultavano guardando Tomba alla televisione - comprarono sci più corti e sciancrati per correre di più.
Ma cominciarono anche a farsi male. Gambe rotte e ginocchia storte ce n'erano sempre state ma i nuovi sciatori iniziarono a chiedere i danni in tribunale cercando di far passare il principio che chi paga ha il diritto di tornare a casa sano e salvo. Il dramma fu che i giudici cominciarono a dare ragione ai feriti e in montagna presto spuntarono le reti di protezione rosse, le ruspe che d'estate livellavano i pendii, i materassi legati ai tronchi d'albero, i cartelli con la scritta "rallentare" e i segnali di "stop" agli incroci e all'arrivo delle piste.
Lassù, in quelle città cresciute in alta quota, dov'erano arrivate anche le forze dell'ordine con l'etilometro, gli sciatori si accorsero che si sentiva la mancanza di qualcosa: «Com'era bella la montagna di una volta» si lasciò scappare qualcuno passando alla stazione intermedia di una cabinovia da dodici posti disegnata da Pininfarina. Ci fu chi sentì, fiutò il cambiamento di tendenza e rispose in questo modo: «Dobbiamo dare più natura, più panorami, più ambiente ai nostri sciatori». E nacquero i grandi caroselli sciistici con la possibilità di muoversi da una vallata all'altra senza togliere gli sci. In un consiglio d'amministrazione uno degli impiantisti si lasciò scappare: «E se poi la neve non arriva?». Lo zittirono all'istante: «La fabbricheremo noi».
Così siamo arrivati allo sci moderno, quello che potrei praticare oggi, domenica, tempo meraviglioso, su una delle tante piste dolomitiche. Ma prima di partire devo fare l'inventario: il casco per i bambini? Ce l'ho. Gli sci con le lame ben tirate perché se no sulla neve artificiale sbando? Li ho. Cento euro per pagare tre skipass? Posso tirarli fuori. Una polizza assicurativa con un massimale di cinque milioni di euro perché sulle piste da sci ci sono anche avvocati e notai e se ne tiro sotto uno sono rovinato? Me la fanno gli impiantisti. Quante cose servono oggi per divertirsi sulla neve, quasi quasi resto a casa.

02 febbraio 2007

C'è pensione e pensione

Vittorio Cecchi Gori, Luciano Benetton, Ugo Intini, Susanna Agnelli, Toni Negri, mia nonna, la mia vecchia vicina di casa: cos'hanno in comune queste persone? Sono tutti pensionati. Ma con le dovute differenze: bastano 5 anni di lavoro a un deputato per ritirare la sua pensione non appena avrà compiuto 65 anni. E con due legislature (dieci anni) la pensione arriverà a 60 anni, termine destinato a scendere addirittura a 50 anni per un senatore con tre legislature eletto prima del 2001. Sei tra quelli che guardano con ansia alla terza età? Ti sei fatto un fondo integrativo perché sulla pensione non c'è certezza? Con il sistema contributivo temi di non avere abbastanza denaro per tirare avanti? Leggi quest'inchiesta dell'Espresso per scoprire come gli onorevoli italiani si sono organizzati una vecchiaia dorata scavando una voragine nella contabilità del Parlamento. Alla faccia dei trentenni disperati.