Non è il Barney che conosco quello apparso l'altra sera sullo schermo del cinema Astra a Trento. Ha il volto troppo pulito, i modi troppo cortesi e le orecchie probabilmente troppo lavate per essere veramente lui.
Ridatemi il vecchio porco - penso mentre scorrono le immagini sullo schermo - quel bastardo egoista, rissoso, rancoroso, bugiardo e vagamente alcolizzato che tutti noi (i suoi sostenitori) abbiamo imparato ad adorare leggendo (e rileggendo) il grosso libro con la copertina rossa che teniamo sottolineato sul comodino (o più probabilmente
in bagno) pronto all'evenienza.
Non basta un Montecristo fra i denti e un bicchiere di Macallan in mano per fare di Paul Giamatti (l'attore) un autentico Barney Panofsky, cioè il personaggio creato dallo scrittore canadese Mordecai Richler. Quel Barney che ci ha insegnato a non vergognarci (troppo) dell'invidia che ci rovina la giornata quando il giornale cittadino dedica un trafiletto benevolo al nostro peggior nemico. Perché la vita di noi Barney - sia detto per inciso - è sempre piena di nemici.
Leggendo Barney sorridiamo della goffaggine che ci coglie quando - tutti impegnati a trovare la frase del secolo per conquistare la donna bellissima della nostra vita - ce ne usciamo semplicemente con un modesto: "Ti piace vivere a Toronto?" dimenticando nel taschino della giacca il foglietto con gli argomenti di conversazione che ci eravamo annotati prima dell'incontro.
Quel Barney senza pudori che, ormai vecchio e solo, non disdegna di richiamare in servizio Miss Ogilvy, l'antica fantasia della giovane insegnante delle medie, che riesce ancora a fargli compagnia, infallibile, durante le notti solitarie.
Detto questo andiamo avanti. Perché Barney-Giamatti non sarà Barney Panofsky, come è naturale visto che i film non sono libri, ma ci sono tanti (buoni) motivi per correre al cinema a vedere "La versione di Barney". Come hanno fatto venerdì all'Astra duecento spettatori, che sembrano pochi ma bastano per esaurire la sala 1. Successo ripetuto ieri, con una previsione di permanenza in città di almeno due o tre settimane.
Primo motivo per correre al cinema. Ecco la via facile per conoscere il vecchio Barney evitandosi la lettura (sublime, ma faticosa) di 490 pagine di cui le prime 100 sono una muraglia eretta dall'autore per selezionare i lettori ammessi al paradiso. Comodo.
Secondo motivo per correre al cinema. Chi ha letto il libro vedrà finalmente Miriam (oh, Miriam!) l'unico, vero, grande amore di Barney che l'attrice Rosamund Pike restituisce all'altezza dei sogni più esigenti. Affascinante.
Il terzo motivo per correre al cinema è conoscere dal vivo Izzy Panofsky, perché se Barney è riuscito (volutamente) un po' annacquato, suo padre Izzy è davvero strepitoso, peggiore perfino dell'originale nel cercare la morte per infarto - lui, poliziotto della buoncostume in pensione - concedendosi l'ultima notte di piacere in un bordello. Signore e signori ecco a voi Dustin Hoffman, che se solo fosse stato più giovane sarebbe stato, lui sì, un Barney favoloso. Magistrale.
Quarto motivo. Depurata dalle sue tinte gialle e dalle pagine in eccesso "La versione di Barney" al cinema diventa una perfetta storia d'amore in tre atti attraverso i tre matrimoni di Barney Panofsky: prime nozze per gravidanza, seconde nozze per errore, terze nozze per amore. Applausi.
Quinto motivo. Scoprire che si può provare compassione anche per un vecchio porco quando la commedia diventa, a poco a poco, un film drammatico. Uno che - detto ancora per inciso - tradisce la moglie alla prima occasione ma quando lei lo fissa dritto negli occhi vuota il sacco disperato, implorando l'ennesimo perdono che questa volta non arriverà (oh, Miriam!). Uno che - questo è il punto - quando perde la memoria ridiventa ufficialmente il bambino che, sotto sotto, non aveva mai smesso di essere. Commovente.
Sesto motivo. Leggere sullo schermo la storia di un uomo e dei suoi errori per scoprire che in fondo il nemico vero sta dentro di noi: chi più di noi stessi (Barney docet) ha il potere di rovinare la nostra vita, costruita faticosamente capitolo dopo capitolo? Istruttivo.
Tre matrimoni, un suicidio, due figli, due divorzi, un amico morto e un'inchiesta per omicidio che si risolve solo alla fine del film. Il tutto in un bagno di ironia di prima classe. Ne "La versione di Barney" cinematografica c'è tutto questo. Insomma sette euro e mezzo spesi bene.
Fate come me: pagate il biglietto con venti euro, utilizzate le monetine del resto per comprarvi un bicchiere di Coca Cola al bar del cinema (potete sempre fingere che sia un Macallan) e terminato lo spettacolo correte in libreria per investire gli ultimi dieci euro nell'edizione tascabile del libro rosso pubblicato dall'Adelphi. Dopo il Barney da Oscar conoscerete il vecchio porco. Non ve ne pentirete.