Ricordo che una volta quando un ragazzo aveva una gamba o un braccio rotto c'era l'usanza di firmargli il gesso. Erano anni in cui le fratture si curavano così - con il gesso - non come ora che ti aprono, ti richiudono e dopo pochi giorni puoi già camminare. Ma, come purtroppo si vede dalla foto, ci sono guai ortopedici per cui il gesso può ancora tornare utile. Ma andiamo con calma.
Dicevo delle firme. In quegli anni mi capitò di avere un gesso al braccio. In realtà era poca cosa: un giro di bende rigide che mi arrivava fino al gomito, ma comunque - agli occhi di un ragazzino di dieci anni - faceva la sua bella figura. Così quelle quattro bende ingessate si riempirono presto di qualche dedica, alcuni disegni e una miriade di autografi colorati. Mi pareva che avere un gesso senza firme fosse una lacuna di cui vergognarsi, ma lo stesso tenni un posto libero bene in vista per l'unica firma di cui in realtà m'importava. Era quella di una mia compagna di classe per cui avevo sempre avuto un debole e quel gesso - ne ero certo - sarebbe stato la scusa che mi era sempre mancata per avvicinarla e dirle qualcosa, una qualunque. Vennero tutti tranne lei e quello spazio che avevo tenuto in serbo così caparbiamente (firma dove vuoi, ma qui no!) restò vuoto finché fui guarito perché io non trovai mai il coraggio di avvicinarla e lei fece lo stesso. Così quando il dottore mi chiese se volevo tenere per ricordo quel gesso autografato gli dissi con espressione cupa che lo poteva gettare via, perché fra tante firme non c'era quella che volevo. Mi guardò stupito ed eseguì senza discutere. Seppi più avanti che quella firma (e forse anche una dedica) la mia compagna avrebbe tanto voluto farmela, ma ormai era troppo tardi. E per la stessa timidezza sul mio album dei ricordi (una specie di libretto che all'epoca andava di moda su cui raccogliere i disegni e le dediche dei compagni) quello di quella bambina è l'unico che manca.
Questo pensavo ieri sera osservando la gamba ingessata del mio amico Boa mentre la fotografavo con la mia Camper accanto in segno di solidarietà (una di quelle foto piuttosto complicate - anche se a vederla non si direbbe - che il mio psichiatra mi ha proibito, ma è lo stesso).
Caro Boa, so che oggi mi leggi, ti ricordi l'altra estate quando scendevamo di corsa saltando tra i sassi del Ciampac e io ti ho detto: ma non è che a venir giù in questo modo ci spacchiamo le gambe? Arrivammo a valle sani e salvi e l'infortunio te lo sei procurato in città dove sembra sempre di essere al sicuro. E questa è una cosa che mi dà da pensare.
P.S. la firma te la faccio nei commenti.
14 commenti:
Per Boa da Bagascio! E se a voi che leggete questi due nomi sembrano strani salite sul Bec de Roces e leggetevi il libretto del bivacco dove un Boa e un Bagascio(quelli veri) hanno scritto un dialogo da sbellicarsi dalle risate...
...l'immagine [che ci influenza sempre molto più che non il testo] mi ha fatto temere che quella gamba rotta fosse la tua!
Coupe de theatre :)
E’ cosi? Quando ti servivano non riuscivi a cavare dalle tasche talento e fortuna: non sei riuscito ad acchiappare quel sogno. Ora che il talento lo tieni sulla punta delle dita, ti manca la fortuna e sei costretto a farti prestare una gamba. Forse, presto, potrai fare tutto da solo e ritornare bambino.
La mia firma è sicura.
Oh! Ansel, anch'io ho temuto che ti fossi rotto una zampetta!
(ma il Boa si è fatto sistemare a villaigggiea????)
Bersntol: piccolo colpo di scena. Mi pare che anche tu ti sei esercitato sul tema sul tuo blog no? (felpa rossa)
Mariatn: niente Villa Igea ma un normale ospedale delle Dolomiti senza pubblicità per le strade... Ah, per chi non lo sapesse Villa Igea è la clinica ortopedica di Trento dove una ventina di anni fa operarono alla gamba destra un tizio che si era fratturato la sinistra (o viceversa)! Fu solo la prima di una serie di disavventure che portarono l'immagine dell'ospedale a livelli bassissimi: non ci vuole andare più nessuno! Piuttosto che farsi curare lì dentro i trentini fuggono in Alto Adige oppure in Veneto e alla fine - come estremo tentativo - l'azienda sanitaria ha fatto partire una campagna pubblicitaria. E' il primo ospedale pubblico italiano con la pubblicità per le strade!!!! Ecco qui una fotografia dei manifesti che ci sono in giro per Trento...
Certo. La mia felpa rossa - così come la tua firma sul gesso - era un pò il simbolo di una cotta unilaterale :)
La felpa è sopravvissuta alle mie tensioni adolescenziali...il tuo gesso se l'è vista più brutta
A guardare le foto non si é per niente rassicurati su Villa Igea...comunque della serie tutto il mondo é paese qui "all'estero" pochi giorni, fa in un grande ospedale, hanno tagliato un piede al paziente che doveva fare un'appendicite!
Il tuo coupe de theatre ha funzionato anche per me..il "piedone" colpisce!
Mi sono dimenticata di firmarmi...comunque "l'estero" mi tradiva!
Ciao Trentina all'estero
caro bagascio, vedo che il mio gesso puzzolente ha provocato in te gli stessi effetti dei biscotti di proust; hai ricordato i tempi dei primi amori e dei primi gonfiori:quanta poesia! Sta di fatto che la brutale realta'e'questa: 52 gg di prognosi e boh gg di riabilitazione:dovro'rivolgermi ad uno strizzacervelli! il tuo amico ed ex compagno di cordata boa
caro bagascio, vedo che il mio gesso puzzolente ha provocato in te gli stessi effetti dei biscotti di proust; hai ricordato i tempi dei primi amori e dei primi gonfiori:quanta poesia! Sta di fatto che la brutale realta'e'questa: 52 gg di prognosi e boh gg di riabilitazione:dovro'rivolgermi ad uno strizzacervelli! il tuo amico ed ex compagno di cordata boa
Caro Boa,
"cordata" è una parola grossa... se intendi dire che usavamo la corda dove gli altri salivano liberi allora te la passo... In quanto allo strizzacervelli ne conosco uno degno di fiducia: mi ha proibito di scrivere su questo blog e - come vedi - non gli do ascolto.
Ma davvero quella bambina, che tanto mi ricorda la "ragazzina dai capelli rossi" di Charlie Brown, avrebbe VOLUTO farti la dedica sul gesso? O piuttosto era una che non ti notava nemmeno (perché è così, sappiatelo: noi non vi notiamo nemmeno) e adesso tu ti racconti (e ci racconti) che la timidezza era di entrambi?
Sull' efficacia della pubblicità! D' accordo che è tutto soggettivo, che io penso e leggo in economia, cioè capto ciò che mi interessa e tralascio il resto (spesso devo riconoscere che non è proprio un buon metodo, ma è così)e quindi, quando ho visto la pubblicità ho colto "ortopedia" e il faccione di Boato(è lui, no?), mi sono chiesta:"E allora?" ed ho tirato innanz senza pensarci più.
Agata, non ci provare... non riuscirai a distruggere con un furbo commento la sicurezza che avevo raggiunto in anni di duro lavoro psicologico.........!
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