Sì, lo so che l'uomo non vola ma io so come si fa. Apro la finestra della camera da letto, quella che dà proprio sul tetto, e mi metto in equlibrio sulla tegole facendo attenzione a non spezzarle. E' questione di un attimo: tengo le dita delle mani ben chiuse, in modo che non passi l'aria in mezzo, e comincio a muovere le braccia su e giù, su e giù, non tanto forte ma convinto, finché mi ritrovo a mezz'aria e casa mia è là sotto. Per lo stupore scendo qualche metro ma mi basta un battito di mani per risollevarmi e superare gli alberi.
Sto sognando? E' possibile - mi dico - ma scaccio il dubbio perché nel momento stesso in cui mi pongo la domanda so per certo che son sveglio.
Signori, io so volare! E come volo: supero la funivia e scendo in picchiata verso il fiume dove seguo la corrente finché giunto alla montagna salgo, salgo, salgo. Com'è bella la città laggiù, così piccola che i difetti scompaiono. Ma più dei palazzi mi piacciono le persone e allora trattengo le mani dietro la schiena fin quasi allo stallo - sono Jonathan Livingston - e scendo in picchiata per dare un'occhiata ai piani alti delle case, alle terrazze invisibili sui tetti e per scoprire i segreti dei cortili interni dove - dipinte sui muri - trovo tre mongolfiere.
Ancora quel dubbio: sto sognando? Ma qual è il dormiente che si pone questa domanda? Io son sveglio - ora lo so - e son capace di volare. Ma un grido mi sorprende: VIAAA! E mi ritrovo con il piccolo play-boy, sul letto, che a suo modo urla FUNIVIA! Guardo fuori dalla finestra - deluso perché i miei piedi sono piantati a terra - e vedo una delle due cabine arrivare alla stazione di partenza. Ehi, un momento... che ci fanno le mie scarpe lì sul tetto?
P.S. quello di volare è il mio sogno ricorrente e quando mi capita sono davvero convinto di levitare, ma da qualche tempo il risveglio da terrestre (nel senso di non volatile) è meno frustrante perché corro al computer digito maps.live.com clicco sul bottone bird's eye view e vado a spasso per il mondo a scoprire panorami come questo o questo che certo voi conoscerete.
Dimenticavo, le scarpe sul tetto ce le ha messe Gretel che non le sopporta più...
30 maggio 2007
29 maggio 2007
La fabbrica degli scoiattoli
Siamo invasi dagli scoiattoli: ce ne sono 400 in giro per la città. Sono spuntati sui lampioni del ponte, in mezzo alle rotatorie e anche fuoridalpalazzo. Così mi sono incuriosito e sono andato a visitare la fabbrica degli scoiattoli dove ci sono i falegnami che - come gli elfi di Babbo Natale - lavorano di lena per realizzare l'esercito degli roditori in vista della seconda edizione del Festival dell'Economia che partirà domani. Per qualcuno questi scoiattoli di legno sono diventati l'oggetto del desiderio e - lo confesso - anche per me: uno di loro sta sgranocchiando la sua noce in soggiorno, vicino alla stufa, dove il piccolo play-boy lo indica e grida "cattolo!", un altro è appeso dietro la mia sedia in redazione dove tutti me lo invidiano. Lì dentro siamo quasi tutti laureati eppure ci siamo messi a giocare come bambini e abbiamo scoperto che a metterlo a testa in giù lo scoiattolo diventa una volpe. Il terzo l'ho regalato a mariatn. A volte basta un pezzo di compensato per essere contenti. Chissà se l'Economia ha una risposta anche per questo.
27 maggio 2007
Pedali e lacrime
Quando fuoridalpalazzo passa il Giro, come questa mattina a Trento, io corro a vedere e applaudo. Ma non è più come nel giugno del 1994 quando un giovane studente universitario con la passione sfrenata per la bicicletta trascorreva i pomeriggi davanti alla televisione invece di studiare per gli esami. Un giorno di quelli vide un corridore nuovo, ma già un po' pelato e con le orecchie a sventola, scappare prima di valicare il passo Giovo e poi fuggire in discesa come non aveva fatto mai nessuno. Nemmeno la moto con la telecamera riusciva a tenere il passo di quel fenomeno che per essere più veloce si metteva in posizione a uovo come se fosse su una pista da sci. Lo studente universitario guardò quel corridore tagliare primo il traguardo di Merano e vergognandosi un po' sentì una lacrima che gli rigava il volto.
Cinque anni dopo il corridore era diventato il Pirata e lo fermarono a Madonna di Campiglio perché non aveva il sangue giusto nelle vene. Un'altra lacrima - di sapore diverso - solcò la guancia dello studente che nel frattempo si era laureato e scrisse la notizia sul giornale. Fu l'ultima, però.
Cinque anni dopo il corridore era diventato il Pirata e lo fermarono a Madonna di Campiglio perché non aveva il sangue giusto nelle vene. Un'altra lacrima - di sapore diverso - solcò la guancia dello studente che nel frattempo si era laureato e scrisse la notizia sul giornale. Fu l'ultima, però.
23 maggio 2007
Pulizie di primavera (anche se è estate)
A forza di stare fuoridalpalazzo abbiamo un po' trascurato la manutenzione degli interni. Così ci ritroviamo con il pavimento di legno che ha bisogno di una mano di cera, i vetri delle finestre vanno puliti dentro e fuori (e sono tanti), i tappeti necessitano di una bella ripassata, i divani portano i segni delle scorribande (di buono c'è che quando ho fame affondo una mano tra i cuscini e ci trovo sempre qualche patatina), i paralume sono pieni di ragnatele e quando la sera accendiamo la luce sentiamo uno sfrigolio sinistro: è il ragno che va a fuoco, poveretto. Penso a tutto quello che c'è da fare e mi lascio prendere dallo sconforto: così questo pomeriggio mi sono disteso sul mio divano preferito - quello verde - rimandando a domani quello che potevo fare oggi. Date un'occhiata voi stessi allo stato in cui si trova il mio soggiorno.
P.S. con questo post inauguro la categoria palazzi, dove per motivi di lavoro trascorro parte del mio tempo e a cui appartiene di diritto questo vecchio post. E ora fatevi sotto, trentini, dov'è il divano di cui parlo?
P.S. con questo post inauguro la categoria palazzi, dove per motivi di lavoro trascorro parte del mio tempo e a cui appartiene di diritto questo vecchio post. E ora fatevi sotto, trentini, dov'è il divano di cui parlo?
22 maggio 2007
Consigli di lettura
Girovagando su internet ho trovato questa frase in inglese... 71 million blogs... some of them have to be good. Insomma, tra 71 milioni di blog ce ne deve pur essere qualcuno di buono... io di buoni ne ho trovati molti, ma uno più degli altri. E dopo aver passato un fine settimana lì dentro a cercare qualche post mediocre, qualche caduta di stile, qualche errore (l'invidia è una brutta bestia...) devo assolutamente pubblicare questo indirizzo: nonsolomamma. Bellissimo, anche se per i cultori della blogosphera non sarà certo una novità...!
Invece devo togliermi un sassolino dalla scarpa. C'è un blog dove di tanto in tanto si discute della rivalità fra blogger e giornalisti, sempre che ci sia perché su questo io non sono d'accordo. Comunque ogni tanto ci passo e do un'occhiata, come fanno molte altre persone visto che il blog di mantellini è un blog di grande successo. Ma l'altro giorno, come già in passato, sono rimasto stecchito e ora non resisto: c'era un passaggio in cui si citava l'appellativo che tale Brodo (che poi sarebbe brodo primordiale) avrebbe dedicato a Papa Ratzinger e cioè pastore tedesco. Peccato che questo soprannome venne coniato da "il Manifesto" il giorno che Benedetto XVI divenne Papa. L'autore si è scusato ridacchiando: "forse dovrei cominciare a leggere il Manifesto". Certo gli farebbe bene, ma sarebbe bastato dare un'occhiata ad uno dei tanti giornali italiani che (assieme alle televisioni) riportarono quella famosa copertina. Va bene essere blogger ma le cose - prima di scriverle - bisogna saperle.
Seguirò il consiglio di quel saggio di mio fratello che un giorno se ne venne fuori con questa frase: non ti curar di loro ma guarda e passa. Ma dove l'ho già sentita...?
Invece devo togliermi un sassolino dalla scarpa. C'è un blog dove di tanto in tanto si discute della rivalità fra blogger e giornalisti, sempre che ci sia perché su questo io non sono d'accordo. Comunque ogni tanto ci passo e do un'occhiata, come fanno molte altre persone visto che il blog di mantellini è un blog di grande successo. Ma l'altro giorno, come già in passato, sono rimasto stecchito e ora non resisto: c'era un passaggio in cui si citava l'appellativo che tale Brodo (che poi sarebbe brodo primordiale) avrebbe dedicato a Papa Ratzinger e cioè pastore tedesco. Peccato che questo soprannome venne coniato da "il Manifesto" il giorno che Benedetto XVI divenne Papa. L'autore si è scusato ridacchiando: "forse dovrei cominciare a leggere il Manifesto". Certo gli farebbe bene, ma sarebbe bastato dare un'occhiata ad uno dei tanti giornali italiani che (assieme alle televisioni) riportarono quella famosa copertina. Va bene essere blogger ma le cose - prima di scriverle - bisogna saperle.
Seguirò il consiglio di quel saggio di mio fratello che un giorno se ne venne fuori con questa frase: non ti curar di loro ma guarda e passa. Ma dove l'ho già sentita...?
21 maggio 2007
Una bomba nel cassonetto
Pensavo che lo sguattero, l'operaio della catena di montaggio e il venditore porta a porta fossero - per motivi diversi - brutti lavori, finché ho scoperto che esiste lo 007 dei rifiuti, quell'uomo che controlla ciò che finisce nel cassonetto e in caso di errori o furberie si lancia alla ricerca del colpevole partendo dai pochi e sporchi indizi a sua disposizione.
Fermo lettore, non pensare che io sia un giornalista snob perché scrivo di rifiuti in una redazione del centro storico, seduto dietro una scrivania dove c'è un vaso di fiori profumato: so di che parlo e te ne darò la prova. Di rifiuti sono un esperto perché a casa nostra sono il delegato al trasporto delle borse d'immondizia dal quarto piano in cui viviamo (senza ascensore) fino all'isola ecologica (bel nome per un luogo orrendo) che rovina la piazzetta.
Del sacchetto immateriale che continua a rompersi sulle scale lasciandomi nei guai ho già scritto l'anno scorso: nulla è cambiato, quella pellicola sottile progettata per biodegradarsi in discarica gioca sempre d'anticipo e si fa da parte prima ancora di arrivare al cassonetto. Ormai ci ho fatto l'abitudine e sulle scarpe mi è rimasta una macchia di fondi di caffè. Quello che mi preoccupa sono le borse di plastica piene di materiale indifferenziato, così pesanti che mi lasciano il segno sulle mani mentre - gradino dopo gradino - penso che casa nostra sia un'eccezione alle leggi della fisica, un luogo stregato dove la materia in uscita è di molto superiore a quella che viene introdotta.
Non è solo colpa nostra. Il ciclo produttivo dei rifiuti inizia subito dopo la spesa settimanale: saliamo i quattro piani carichi di mercanzia e cinque minuti dopo tocca a me (il netturbino di famiglia) scendere con uno scatolone pieno di scorie fresche che in gergo tecnico si chiamano "imballaggi", materia compresa nel prezzo (ricordiamocene sempre al momento di pagare) che però finisce nel cassonetto poco dopo l'acquisto. Prima o poi bisognerà decidersi a tagliare fuori dal carrello della spesa chi vende il fumo come se fosse arrosto.
Poi - questa è storia quotidiana - cominciano i dilemmi: la plastica di qua, la carta di là, il vetro di qua e via dicendo, fin qui ci arrivano anche i bambini, ma dove devo mettere il tetra-pack? Risposta: nell'immondizia, pare incredibile ma bisogna buttarlo via. E le cartine dello yogurt? Nel dubbio le metto nel cassonetto blu (plastica e metallo), sperando di far bene mentre con gli oggetti tecnologici - plastica, metallo, cristalli liquidi e sicuramente qualche pila nascosta all'interno - vado nel pallone.
Se fosse solo per questo lo 007 dei rifiuti con me non dovrebbe temere. Ma c'è dell'altro: noi la chiamiamo la "bomba" ed è quel carico speciale che parte dal quarto piano una volta al giorno sigillato in una busta bianca annodata cinque volte. Tengo la bomba in terrazza quindi con un grido avviso gli altri due residenti ("vadoooo!") e mi lancio verso l'isola ecologica. Lì, trattenendo il fiato, deposito le cacche del piccolo di casa che ancora non ha imparato l'uso del vasino né sembra ansioso d'imparare. Mi hanno detto che ne produce - pannolini compresi - una tonnellata l'anno e poiché non ci credevo mi sono messo la maschera antigas e ho pesato la borsa giornaliera: fanno 3 chili e 300 grammi, in un anno parliamo di una tonnellata e 200 chili, il piccolo promette bene, è già sopra la media.
E' per colpa della "bomba" che il lavoro dello 007 è uno dei peggiori al mondo: lo immagino mentre alza il coperchio del cassonetto verde - è lì purtroppo che devo buttare l'ordigno, non ho altre soluzioni - e muore all'istante. Sarà colpa mia. Per salvare la vita del detective penso che potrei passare ai "ciripà" che - per chi non lo sapesse - sono i pannolini lavabili. Morirà la lavatrice.
Fermo lettore, non pensare che io sia un giornalista snob perché scrivo di rifiuti in una redazione del centro storico, seduto dietro una scrivania dove c'è un vaso di fiori profumato: so di che parlo e te ne darò la prova. Di rifiuti sono un esperto perché a casa nostra sono il delegato al trasporto delle borse d'immondizia dal quarto piano in cui viviamo (senza ascensore) fino all'isola ecologica (bel nome per un luogo orrendo) che rovina la piazzetta.
Del sacchetto immateriale che continua a rompersi sulle scale lasciandomi nei guai ho già scritto l'anno scorso: nulla è cambiato, quella pellicola sottile progettata per biodegradarsi in discarica gioca sempre d'anticipo e si fa da parte prima ancora di arrivare al cassonetto. Ormai ci ho fatto l'abitudine e sulle scarpe mi è rimasta una macchia di fondi di caffè. Quello che mi preoccupa sono le borse di plastica piene di materiale indifferenziato, così pesanti che mi lasciano il segno sulle mani mentre - gradino dopo gradino - penso che casa nostra sia un'eccezione alle leggi della fisica, un luogo stregato dove la materia in uscita è di molto superiore a quella che viene introdotta.
Non è solo colpa nostra. Il ciclo produttivo dei rifiuti inizia subito dopo la spesa settimanale: saliamo i quattro piani carichi di mercanzia e cinque minuti dopo tocca a me (il netturbino di famiglia) scendere con uno scatolone pieno di scorie fresche che in gergo tecnico si chiamano "imballaggi", materia compresa nel prezzo (ricordiamocene sempre al momento di pagare) che però finisce nel cassonetto poco dopo l'acquisto. Prima o poi bisognerà decidersi a tagliare fuori dal carrello della spesa chi vende il fumo come se fosse arrosto.
Poi - questa è storia quotidiana - cominciano i dilemmi: la plastica di qua, la carta di là, il vetro di qua e via dicendo, fin qui ci arrivano anche i bambini, ma dove devo mettere il tetra-pack? Risposta: nell'immondizia, pare incredibile ma bisogna buttarlo via. E le cartine dello yogurt? Nel dubbio le metto nel cassonetto blu (plastica e metallo), sperando di far bene mentre con gli oggetti tecnologici - plastica, metallo, cristalli liquidi e sicuramente qualche pila nascosta all'interno - vado nel pallone.
Se fosse solo per questo lo 007 dei rifiuti con me non dovrebbe temere. Ma c'è dell'altro: noi la chiamiamo la "bomba" ed è quel carico speciale che parte dal quarto piano una volta al giorno sigillato in una busta bianca annodata cinque volte. Tengo la bomba in terrazza quindi con un grido avviso gli altri due residenti ("vadoooo!") e mi lancio verso l'isola ecologica. Lì, trattenendo il fiato, deposito le cacche del piccolo di casa che ancora non ha imparato l'uso del vasino né sembra ansioso d'imparare. Mi hanno detto che ne produce - pannolini compresi - una tonnellata l'anno e poiché non ci credevo mi sono messo la maschera antigas e ho pesato la borsa giornaliera: fanno 3 chili e 300 grammi, in un anno parliamo di una tonnellata e 200 chili, il piccolo promette bene, è già sopra la media.
E' per colpa della "bomba" che il lavoro dello 007 è uno dei peggiori al mondo: lo immagino mentre alza il coperchio del cassonetto verde - è lì purtroppo che devo buttare l'ordigno, non ho altre soluzioni - e muore all'istante. Sarà colpa mia. Per salvare la vita del detective penso che potrei passare ai "ciripà" che - per chi non lo sapesse - sono i pannolini lavabili. Morirà la lavatrice.
18 maggio 2007
La soglia di sopportazione
Poiché alla poltrona girevole della redazione preferisco un giro fuoridalpalazzo, mi capita talvolta di fare cose strane, come piazzarmi di fronte ai semafori della città e vedere - orologio alla mano - quanto bisogna aspettare per andare dall'altra parte della strada. Detta così pare una follia, un'inchiesta assurda, eppure può capitare che dalle piccole cose si capisca la causa dei grandi problemi. Seduto su un muretto vicino al marciapiede ho scoperto che l'orologio della città preferisce le auto ai pedoni, facendole aspettare di fronte al semaforo rosso un minuto, un minuto e mezzo al massimo mentre l'attesa raddoppia per chi va a piedi, come se lasciare l'auto ferma fosse un lusso riservato a chi ha tempo da perdere. L'altra scoperta è che il povero pedone, lasciato a macerare sul marciapiede con le auto che gli sfrecciano di fronte, prima o poi si stufa e si getta in strada tentando di raggiungere l'altra sponda: va bene l'attesa, ma quando si convince di essere vittima di un'ingiustizia l'uomo della strada si ribella e viola le regole a proprio rischio.
Accade anche per le tasse: nessuno vuole pagarle ma a parità di prelievo la percentuale di evasione aumenta quando ci si trova di fronte a un'imposta ritenuta ingiusta. Potrei continuare a lungo ma ho deciso di giocarmi la notizia. Ora so - caro lettore - qual è la soglia di sopportazione dei pedoni e dei tassati e la rivelo in anteprima qui fuoridalpalazzo: il tempo d'attesa massimo sopportato dai pedoni al semaforo è di un secondo, mentre la somma giudicata accettabile dal contribuente italiano, per qualsiasi tassa, è di un euro. Non son cose banali.
Accade anche per le tasse: nessuno vuole pagarle ma a parità di prelievo la percentuale di evasione aumenta quando ci si trova di fronte a un'imposta ritenuta ingiusta. Potrei continuare a lungo ma ho deciso di giocarmi la notizia. Ora so - caro lettore - qual è la soglia di sopportazione dei pedoni e dei tassati e la rivelo in anteprima qui fuoridalpalazzo: il tempo d'attesa massimo sopportato dai pedoni al semaforo è di un secondo, mentre la somma giudicata accettabile dal contribuente italiano, per qualsiasi tassa, è di un euro. Non son cose banali.
17 maggio 2007
Via il dente via il dolore
dentista: caro ansel, vecchio mio, come andiamo?
ansel: mmmmmm...
dentista: eh sì... è parecchio che non ci vediamo... guardiamo un po' che c'è qui... ahi ahi ahi!
ansel: mmmmm?
dentista: ahi ahi ahi!
ansel: mmmmm???
dentista: fa male qui?
ansel: nnn...
dentista: qui?
ansel: nnn...
dentista: e qui?
ansel: MMM!
dentista: cominciamo subito!
ansel: ?
dentista: palla metallica! (bzzz)
ansel: ...
dentista: doppio cono! (bzzz)
ansel: ...
dentista: punta diamantata! (bzzz)
ansel: ...
dentista: alabarda spaziale!
ansel: m?
dentista: scherzetto! giusto per alleviare la tensione...
ansel: m! m! m!
dentista: ora sentirai un po' di male...
ansel: MMMMMMMMMMMMMMMMMM!
dentista: eh, l'avevo detto io...
ansel: @###! !##@!
dentista: apri bene!
ansel: mmmmmm!
dentista: apri grande!
ansel: mmmmmmmmmmm!
dentista: apri forte!
ansel: MMMMMMMM!!!
dentista: bene, due milligrammi...
ansel: ...
dentista: ecco ci siamo quasi...com'è la saliva?
ansel: sput sput sput!
dentista: ora asciughiamo un po'... (glu glu glu)
ansel: mmm...
dentista: ecco fatto, mi raccomando passare SEMPRE il filo... lo passi il filo vero?
ansel: m!
dentista: palle. lo vedo benissimo che non lo passi... e i denti li lavi sempre vero?
ansel: m!
dentista: forse si forse no... guarda quanta placca (grat, grat, grat)
ansel: ...
dentista: mi raccomando, poca cioccolata...
ansel: oca oca...
dentista: ecco qui, fino a stasera niente the, caffè, cose colorate... se ti fa male chiamami subito, d'accordo?
ansel: sci...
ansel: mmmmmm...
dentista: eh sì... è parecchio che non ci vediamo... guardiamo un po' che c'è qui... ahi ahi ahi!
ansel: mmmmm?
dentista: ahi ahi ahi!
ansel: mmmmm???
dentista: fa male qui?
ansel: nnn...
dentista: qui?
ansel: nnn...
dentista: e qui?
ansel: MMM!
dentista: cominciamo subito!
ansel: ?
dentista: palla metallica! (bzzz)
ansel: ...
dentista: doppio cono! (bzzz)
ansel: ...
dentista: punta diamantata! (bzzz)
ansel: ...
dentista: alabarda spaziale!
ansel: m?
dentista: scherzetto! giusto per alleviare la tensione...
ansel: m! m! m!
dentista: ora sentirai un po' di male...
ansel: MMMMMMMMMMMMMMMMMM!
dentista: eh, l'avevo detto io...
ansel: @###! !##@!
dentista: apri bene!
ansel: mmmmmm!
dentista: apri grande!
ansel: mmmmmmmmmmm!
dentista: apri forte!
ansel: MMMMMMMM!!!
dentista: bene, due milligrammi...
ansel: ...
dentista: ecco ci siamo quasi...com'è la saliva?
ansel: sput sput sput!
dentista: ora asciughiamo un po'... (glu glu glu)
ansel: mmm...
dentista: ecco fatto, mi raccomando passare SEMPRE il filo... lo passi il filo vero?
ansel: m!
dentista: palle. lo vedo benissimo che non lo passi... e i denti li lavi sempre vero?
ansel: m!
dentista: forse si forse no... guarda quanta placca (grat, grat, grat)
ansel: ...
dentista: mi raccomando, poca cioccolata...
ansel: oca oca...
dentista: ecco qui, fino a stasera niente the, caffè, cose colorate... se ti fa male chiamami subito, d'accordo?
ansel: sci...
14 maggio 2007
La guerra delle fresie
Scriverò di due mazzi di fresie gialle che da cinque giorni ormai rallegrano le scrivanie delle mie colleghe C. e M.
Fresie profumate, aveva garantito l'ambulante napoletano che me le ha vendute, come se quelle degli altri fiorai fossero maleodoranti. Ma comunque è stato onesto: son profumate. E' stato onesto anche nel prezzo: tre euro a mazzo che moltiplicati per due fanno sei. Quando gli ho allungato una banconota da dieci ero sicuro che non avrebbe avuto il resto e avrei dovuto acquistare il terzo mazzo. E invece no, mi ha restituito cinque euro facendomi lo sconto. Dico la verità: lui, con il suo baracchino, mi ha fatto sentire un verme.
Comunque queste fresie sono un esperimento per verificare una voce che da mesi circola qui in città e cioè quella che i fiori degli ambulanti napoletani - quelli con l'Ape carico di rose e tulipani all'angolo della via - quando li porti a casa muoiono stecchiti. Anzi, secondo questa leggenda sarebbero già morti lì sul carrettino ma per qualche sortilegio partenopeo restano ritti sul gambo finché qualcuno se li porta a casa (o li regala) per poi scoppiare esausti e finire nella pattumiera.
Palle. Ora posso dirlo, sono storie messe in giro da qualcuno a cui gli ambulanti (abusivi) danno fastidio. Se avete bisogno di uno di loro - perché siete squattrinati, le fiorerie sono già chiuse o semplicemente vi piace fare acquisti sul marciapiede - non scomodatevi a cercarlo: fate una telefonata ai vigili urbani e in due minuti (un po' sorpresi per la richiesta) vi segnaleranno in tempo reale la posizione dell'abusivo più vicino, fornita gentilmente dalla fioreria del quartiere che due volte al giorno chiama le forze dell'ordine sperando di far fuori l'improvvisa concorrenza.
Quella dei fiori è una guerra di cui le fresie gialle che ho qui davanti sono l'oggetto inconsapevole. Le hanno caricate su un camion in Campania e hanno viaggiato una notte per arrivare al casello autostradale dove c'era il fioraio con l'Ape (e tanti come lui). Poi sono finite vicino all'ospedale (per due ore), all'angolo dell'università (per due ore) e alla rotonda di San Giuseppe dove finalmente io le ho comprate. Erano le 18 di mercoledì: ancora un paio d'ore e sarebbero andate al fresco in una cella frigorifera di Gardolo, a riprendersi dal caldo prima di un'altra giornata sulle strade. E se nessuno le comprava? Basta, arrivava il camion un'altra volta con le fresie nuove.
Sembra una storia romantica, ma purtroppo non lo è. Nessuno s'illuda che quel napoletano allegro (nonostante dorma sull'Ape e torni a casa una volta al mese) si tenga i sei euro delle fresie. Li consegna a uno che sta sopra e che chiamano "il padrone". Sempre meglio che stare a Napoli a girare i pollici. Quando acquistate le fresie finanziate il capo, non il fioraio all'angolo. L'importante è saperlo. Accade lo stesso per i pakistani che portano le rose al ristorante (senza insistere perché sono uomini di classe) e gettano nel panico gli uomini: è meglio acquistarle rischiando di passare per un pappamolla che non sa dire "no" oppure è meglio rifiutarle correndo il rischio di essere considerato un tirchio? E ancora: bisogna tirare sul prezzo o pagare sull'unghia? La risposta giusta è diversa per ognuno, spesso sono le donne a toglierci dall'imbarazzo. Io mi gioco le ultime righe per svelare un segreto utile a chi vive in città: in un'aiuola di Piedicastello - dimenticata dal Comune e dalla parrocchia lì vicina - cresce un cespuglio gigantesco di lavanda. Non è di nessuno: né dei fiorai professionisti, né dei napoletani, né dei pakistani. Basta saltare la ringhiera e coglierla quand'è il momento giusto. Ormai manca poco, io lo so, ci passo davanti ogni mattina. Cari colleghi uomini, non crediate di rendervi ridicoli (o taccagni) cogliendo fiori dal campo: le donne ne vanno pazze.
Fresie profumate, aveva garantito l'ambulante napoletano che me le ha vendute, come se quelle degli altri fiorai fossero maleodoranti. Ma comunque è stato onesto: son profumate. E' stato onesto anche nel prezzo: tre euro a mazzo che moltiplicati per due fanno sei. Quando gli ho allungato una banconota da dieci ero sicuro che non avrebbe avuto il resto e avrei dovuto acquistare il terzo mazzo. E invece no, mi ha restituito cinque euro facendomi lo sconto. Dico la verità: lui, con il suo baracchino, mi ha fatto sentire un verme.
Comunque queste fresie sono un esperimento per verificare una voce che da mesi circola qui in città e cioè quella che i fiori degli ambulanti napoletani - quelli con l'Ape carico di rose e tulipani all'angolo della via - quando li porti a casa muoiono stecchiti. Anzi, secondo questa leggenda sarebbero già morti lì sul carrettino ma per qualche sortilegio partenopeo restano ritti sul gambo finché qualcuno se li porta a casa (o li regala) per poi scoppiare esausti e finire nella pattumiera.
Palle. Ora posso dirlo, sono storie messe in giro da qualcuno a cui gli ambulanti (abusivi) danno fastidio. Se avete bisogno di uno di loro - perché siete squattrinati, le fiorerie sono già chiuse o semplicemente vi piace fare acquisti sul marciapiede - non scomodatevi a cercarlo: fate una telefonata ai vigili urbani e in due minuti (un po' sorpresi per la richiesta) vi segnaleranno in tempo reale la posizione dell'abusivo più vicino, fornita gentilmente dalla fioreria del quartiere che due volte al giorno chiama le forze dell'ordine sperando di far fuori l'improvvisa concorrenza.
Quella dei fiori è una guerra di cui le fresie gialle che ho qui davanti sono l'oggetto inconsapevole. Le hanno caricate su un camion in Campania e hanno viaggiato una notte per arrivare al casello autostradale dove c'era il fioraio con l'Ape (e tanti come lui). Poi sono finite vicino all'ospedale (per due ore), all'angolo dell'università (per due ore) e alla rotonda di San Giuseppe dove finalmente io le ho comprate. Erano le 18 di mercoledì: ancora un paio d'ore e sarebbero andate al fresco in una cella frigorifera di Gardolo, a riprendersi dal caldo prima di un'altra giornata sulle strade. E se nessuno le comprava? Basta, arrivava il camion un'altra volta con le fresie nuove.
Sembra una storia romantica, ma purtroppo non lo è. Nessuno s'illuda che quel napoletano allegro (nonostante dorma sull'Ape e torni a casa una volta al mese) si tenga i sei euro delle fresie. Li consegna a uno che sta sopra e che chiamano "il padrone". Sempre meglio che stare a Napoli a girare i pollici. Quando acquistate le fresie finanziate il capo, non il fioraio all'angolo. L'importante è saperlo. Accade lo stesso per i pakistani che portano le rose al ristorante (senza insistere perché sono uomini di classe) e gettano nel panico gli uomini: è meglio acquistarle rischiando di passare per un pappamolla che non sa dire "no" oppure è meglio rifiutarle correndo il rischio di essere considerato un tirchio? E ancora: bisogna tirare sul prezzo o pagare sull'unghia? La risposta giusta è diversa per ognuno, spesso sono le donne a toglierci dall'imbarazzo. Io mi gioco le ultime righe per svelare un segreto utile a chi vive in città: in un'aiuola di Piedicastello - dimenticata dal Comune e dalla parrocchia lì vicina - cresce un cespuglio gigantesco di lavanda. Non è di nessuno: né dei fiorai professionisti, né dei napoletani, né dei pakistani. Basta saltare la ringhiera e coglierla quand'è il momento giusto. Ormai manca poco, io lo so, ci passo davanti ogni mattina. Cari colleghi uomini, non crediate di rendervi ridicoli (o taccagni) cogliendo fiori dal campo: le donne ne vanno pazze.
11 maggio 2007
Anteprima
Il fresco vecchia maniera
Stavo per fare una stronzata. Oppresso dal primo giorno di caldo ho composto il numero verde e ho detto: "Voglio comprare un condizionatore". Così tre settimane dopo - perché prima non potevano - hanno mandato un omino volenteroso con una valigetta piena di cataloghi a fare un sopralluogo in casa mia. La prima cosa che ha detto è stata: ummmm.... e poi ha continuato dando un'occhiata alle travi del tetto (ummm....), alle pareti di sassi (ummm...), alla terrazza dove il sole batte implacabile (ummm....) e al contatore elettrico da tre kilowatt (ummm...). Al che mi sono spaventato: che c'è, non si può fare? Ma lui mi ha rassicurato con il piglio di chi conosce il suo mestiere: tutto si può fare, signor ansel, l'importante è stare al fresco no? Esatto: io volevo stare al fresco ma - dopo aver fatto entrare quell'uomo in casa mia - non ne ero più tanto sicuro. Comunque l'ho guidato sulla prima falda del tetto per vedere dove gli operai (due, al lavoro per una giornata intera) avrebbero montato un motore gigante del peso di 40 chili: il buco lo facciamo qui - ha detto sfregando il cacciavite su un punto imprecisato della parete del diametro di circa mezzo metro - sperando di non trovare un sasso altrimenti sono guai, eh eh eh! Sarà dura - gli ho risposto - evitare un sasso in una parete tirata su duecento anni fa, un sasso sopra l'altro. Ma il tecnico mi ha zittito con il piglio del professionista: tranquillo, son qua io! E mentre lo diceva - crack - gli si è spaccato un coppo di cotto sotto il piede.
In due minuti mi ha fatto vedere dove avremmo tracciato le canalette per i tubi del gas freon, la derivazione della corrente elettrica e tutto quanto. Le magnifiche sorti e progressive se non fosse che il condizionatore d'aria l'hanno inventato cent'anni fa e - conti alla mano - produce molto più caldo di quanto non riesca a fare freddo, solo in posti diversi, inefficiente come le macchine umane sanno essere. Alla fine ho osato chiederglielo: ma quell'affare sul tetto, così vicino alla velux del vicino, butta fuori caldo? Caldissimo, signor ansel, ma di questo lei non si dovrà più preoccupare perché con il condizionatore ultimo modello se ne starà al fresco, tappato in casa senza più chiedere niente a nessuno: chi se ne importa di chi se ne sta fuori, eh eh eh! E poi ha aggiunto la cosa più sbagliata: caro signore, con il caldo che fa non sono più tempi di stare fuori dal palazzo! Replica: arrivederci e grazie. L'ho salutato dicendogli che gli avrei fatto sapere (non sembrava deluso, quel giorno aveva altri sette appuntamenti) e mi sono precipitato in soffitta a tirare fuori il vecchio ventilatore cromato che quando lo accendo mi manca solo il sigaro per illudermi d'essere a Cuba (dove non sono mai stato). Anche per quest'estate si fa il fresco alla vecchia maniera, l'anno prossimo si vedrà.
Intanto mi consolo pensando che un condizionatore Daikin FTXG-E ~ RXG-E montaggio compreso mi sarebbe costato la bellezza di 2.100 euro iva compresa; trascorrere l'agosto in città andando in giro con il maglione, come nel 2006, e incontrare l'omino del condizionatore invece non ha prezzo.
E chi si appassiona al tema può dare un'occhiata a quello che avevo scritto sul giornale l'anno scorso.
In due minuti mi ha fatto vedere dove avremmo tracciato le canalette per i tubi del gas freon, la derivazione della corrente elettrica e tutto quanto. Le magnifiche sorti e progressive se non fosse che il condizionatore d'aria l'hanno inventato cent'anni fa e - conti alla mano - produce molto più caldo di quanto non riesca a fare freddo, solo in posti diversi, inefficiente come le macchine umane sanno essere. Alla fine ho osato chiederglielo: ma quell'affare sul tetto, così vicino alla velux del vicino, butta fuori caldo? Caldissimo, signor ansel, ma di questo lei non si dovrà più preoccupare perché con il condizionatore ultimo modello se ne starà al fresco, tappato in casa senza più chiedere niente a nessuno: chi se ne importa di chi se ne sta fuori, eh eh eh! E poi ha aggiunto la cosa più sbagliata: caro signore, con il caldo che fa non sono più tempi di stare fuori dal palazzo! Replica: arrivederci e grazie. L'ho salutato dicendogli che gli avrei fatto sapere (non sembrava deluso, quel giorno aveva altri sette appuntamenti) e mi sono precipitato in soffitta a tirare fuori il vecchio ventilatore cromato che quando lo accendo mi manca solo il sigaro per illudermi d'essere a Cuba (dove non sono mai stato). Anche per quest'estate si fa il fresco alla vecchia maniera, l'anno prossimo si vedrà.
Intanto mi consolo pensando che un condizionatore Daikin FTXG-E ~ RXG-E montaggio compreso mi sarebbe costato la bellezza di 2.100 euro iva compresa; trascorrere l'agosto in città andando in giro con il maglione, come nel 2006, e incontrare l'omino del condizionatore invece non ha prezzo.
E chi si appassiona al tema può dare un'occhiata a quello che avevo scritto sul giornale l'anno scorso.
05 maggio 2007
Cause di forza maggiore
Ecco il motivo per cui da vari giorni ormai non pubblico più messaggi. Spero di trovare ancora qualcuno al mio ritorno, spero presto, con il computer nuovo, completamente da riconfigurare...
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