19 novembre 2006

L'invasione delle voci

Capita spesso, telefonando in giro, di sentire in risposta una voce registrata oppure una musichetta: ormai ci siamo abituati e non ci facciamo caso. Capita più raramente, invece, di essere chiamati da una di quelle voci. A me è successo l'altro giorno quando, sovrappensiero, ho alzato la cornetta del telefono di casa che squillava e ho detto: "Pronto?". Dall'altra parte c'era una voce di donna, prontissima, che ha detto: "Buongiorno". E io, educato: "Buong..." ma non ho fatto in tempo a finire la parola perché quella continuava come se nulla fosse. "Sono Laura" ha aggiunto. "Laura chi?" avrei voluto dire, ma ancora una volta lei mi ha preceduto: "Della De Longhi. Lei è stato selezionato...". Solo allora è stato chiaro che Laura era una di quelle voci e io c'ero cascato, come quei vecchietti un po' duri d'orecchi che parlano con le segreterie telefoniche e si arrabbiano perché non rispondono a tono.
Forse quelli della De Longhi mandano avanti la povera Laura (cioè un computer) perché non hanno il coraggio di chiamarmi di persona: sull'elenco telefonico, accanto al mio nome, non c'è infatti il simbolo che permette di contattarmi per vendermi qualcosa. Ma il punto è un altro: se ora le voci automatiche oltre che rispondere al telefono cominciano pure a prendere l'iniziativa e mettersi a chiamare significa che siamo in grave pericolo. Quei robot sono molto più resistenti di noi umani, potrebbero mandarci in crisi facilmente e soprattutto costano molto meno di una voce in carne e ossa.
Già al parcheggio sotterraneo quando è il momento di pagare c'è una voce che dà indicazioni: "Cinque euro e cinquanta centesimi da pagare". Se in quel momento scoprite di non avere soldi, infilate la tessera del bancomat, magari alla rovescia e la voce vi corregge: "Girare la tessera". Questo è un po' umiliante, soprattutto se c'è una voce vera, dietro di voi, che vi sta guardando. Ma la situazione più difficile si incontra telefonando ai centralini delle banche on-line dove per trovare una voce vera bisogna farsi strada in una giungla di robot istruiti apposta per sfiancarti e non passarti mai l'umano che potrebbe (forse) risolvere i tuoi problemi. Il punto è sempre quello: le voci umane costano molto, ma molto più di quelle artificiali.
Per questo mi stupisco sempre quando uscendo dall'Autostrada del Brennero incontro al casello tutti quegli umani pronti a ricevere i miei soldi. Mi dicono che sono ben pagati, perché non è facile resistere otto ore in quella cabina di acciaio, con la finestrella aperta estate e inverno. Forse è per questo (perché la vita lì dentro è dura) che alcuni di loro parlano meno delle voci dei computer.
Comunque, credevo di essermi preso a cuore il loro destino rifiutandomi per anni di acquistare un Telepass e infilarmi per sempre nella corsia automatica, dove non c'è la voce, non c'è la coda ma solo un "bip" che ti dà il via libera. "E' per merito di gente come me se resistono certi posti di lavoro" pensavo. E un giorno mi sono tolto la soddisfazione di dirlo a un sindacalista dei trasporti. Ma lui mi ha guardato con gli occhi sgranati, come se fossi matto, e mi ha aperto gli orizzonti: "Guarda, vai tranquillo, prenditi pure il Telepass. Tra un po' anche i nostri casellanti spariranno, è il futuro, abbiamo già un piano per impiegarli in altre mansioni".
Ma dimenticavo Laura, quella voce prontissima che mi diceva di premere "1" se volevo essere il fortunato proprietario di una macchina per il caffè e poi "2" per parlare con un operatore. E' stato a quel punto, quando mi sono guardato bene dal premere il tasto due, che mi sono reso conto di una cosa: di una voce vera potevo rimanere vittima, forse mi avrebbe convinto, chissà come, a prendermi la macchinetta del caffè; ma è stato facile, invece, riattaccare a quel robot. E' questo che De Longhi, e tutti gli altri, non dovrebbero scordarsi.

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