23 aprile 2006

Nel labirinto degli sport

Potrei anche rimettermi a fare sport - come molti mi consigliano con una battuta sul matrimonio e una risatina che vorrebbe essere intelligente - se non fosse che già al momento di scegliere un'attività mi ritrovo senza energie tanta è l'abbondanza di nomi, tecniche e specialità che ti promettono forma e salute. Ci penso un attimo - sfogliando il catalogo di Sportler da 400 pagine - e già mi sento stanco.
Tutto cominciò vent'anni fa quando mi venne a trovare il mio amico D. con una bicicletta fosforescente e disse: "Vedi questa? Questa qui non è una bici normale ma una mountain-bike". Ah però, risposi senza trovare altre parole, guardando il cambio Shimano che in un batter d'occhio fece diventare sfigati i possessori del tradizionale Campagnolo. Era solo l'inizio perché anche lo sci divenne presto carving (o supercarving se siete tipi in gamba) e sulla neve arrivò la tavola da neve, meglio conosciuta come snowboard. Per i tradizionalisti c'era il Telemark - quella tecnica norvegese con le curve da fare inginocchiati - e d'estate il nordic walking che in pratica è quello che si fa da secoli: si va in montagna a camminare con un bastone in mano, ma da quando lo chiamano così i bastoncini da sci con il puntale in gomma si vendono il triplo. E se in montagna siete tra i pochi che ancora vanno per sentieri a mani nude, niente paura: siete alla moda anche voi, si chiama trekking.
Potevo darmi ai pattini a rotelle (pardon, i rollerblade) che poi era un buon modo per tenermi allenato e d'inverno fare skating, cioè lo sci da fondo a passo pattinato. Ma un altro amico mi mise in mano una rivista facendomi capire che ancora una volta ero rimasto indietro: lì dentro si dicevano meraviglie dello spinning (che è il nuovo nome della cyclette), oppure dei tapis roulant che in palestra ti fanno correre davanti a uno schermo su cui puoi leggere la velocità e i battiti del cuore.
Se proprio devo correre - ho obiettato - lo farò lungo l'Adige come tutti i trentini, fra il ponte di San Giorgio e quello di San Lorenzo, a rischio di morire intossicato dai gas di scarico. Io lo sport lo voglio fare all'aperto, anzi outdoor, ma purtroppo - me ne sono reso conto al primo giro - non avevo le scarpe con il grip giusto e con il tallone ammortizzato e nemmeno la maglietta di tessuto fine traspirante (tale Transtex, lo trovate sempre sul catalogo) che evita quelle anti estetiche macchie di sudore sul torace. Che stress.
Inutile rifugiarsi negli sport dell'acqua: in piscina - orrore - c'è l'acquagym, sui torrenti si scende con il kayak, per i più coraggiosi il rafting e se a un certo punto vi infilate in una gola esultate orgogliosi perché state praticando il canyoning. Quando andate al mare e scendete con la maschera e il boccaglio per vedere i pesci non fate i modesti: si chiama snorkeling e le partite di pallavolo sulla spiaggia - anche quelle con la rete improvvisata - sono beach volley. Se le bocce vi fanno venire in mente l'età della pensione ecco a voi il curling, che si pratica lanciando le stones sul ghiaccio. Insomma ce n'è per tutti ma prima - me l'ha detto sempre quel mio amico - è meglio andare dal medico e farsi un bel check up e poi, per rilassarsi, un bel week end in un centro di wellness, insomma in un posto dove ti mettono a posto e magari hanno anche qualche attrezzo per il fitness, così per tenersi in forma tra un esercizio di stretching e l'altro. Una volta la chiamavano ginnastica e per una minoranza di cui ho fatto parte era "ginnastica correttiva": ci portavano il pomeriggio nella palestra polverosa delle scuole Bellesini, noi ragazzini con la schiena un po' storta, e ci tiravano finché diventavamo dritti. Altri tempi per fortuna.
Alla fine, dopo tante riflessione, l'ho trovato lo sport giusto, col nome rassicurante: le ciaspole. Ah, che bel nome, senza inglese in mezzo, fa per me, solo a sentirlo mi sono appassionato. Ma per andare con le ciaspole serve la neve e in montagna è quasi tutta sciolta. Sono salvo, ne riparliamo quest'autunno.

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