Ci siamo quasi, giusto il tempo che sugli alberi spuntino i germogli, che le domeniche si facciano un po' più calde, le giornate più lunghe e li ritroveremo lì, nella piazzola di terra e ghiaia a lato della strada. Mentre noi ci affanniamo a salire sulle montagne, alla ricerca dell'erba più verde, dei torrenti con l'acqua più cristallina, della terrazza con il panorama più affascinante, meglio se lontano dalla strada, lontano dal parcheggio, lontano dalla folla, lontano da tutto, anche se per arrivare lì bisogna passare mezza giornata in fuga inseguiti dalla massa. Mentre noi scappiamo lontano, loro, quelli del pic-nic nella piazzola, mettono la freccia appena usciti dalla città, quando la strada si fa stretta e comincia a salire faticosa. Giunti a quel punto, invece di scalare marcia, scendono dall'auto stanca, aprono il baule e - ah che goduria - si sistemano al centro di un tornante.
Li avete visti di sicuro e vi sarete chiesti - come tutti - ma perché? Perché con il lago di Garda a due passi loro si fermano a lato della statale vicino alla zona industriale e montano tavolo e sgabelli in mezzo ai gas di scarico? Perché se le Dolomiti sono una decina di tornanti più sopra quelli della piazzola scelgono un parcheggio a fondo valle vicino ai capannoni delle falegnamerie? Perché se la valle di Cembra è piena di piazzole con le sedie e i tavoli di legno quelli fermano l'auto in una cava di porfido dove gira ancora la polvere sollevata dai camion che - almeno la domenica - sono parcheggiati là in fondo al piazzale rosso? E perché la volta che decidono di trattarsi con i guanti scelgono una stradina bianca che conduce a una collina dall'erbetta verde e morbida (ah che luogo ameno) senza rendersi conto che si tratta di una discarica appena ricoperta dagli operai del ripristino ambientale?
Quelli del pic-nic nella piazzola si riconosco ad una prima occhiata perché - scelta del luogo a parte - non rinunciano alle comodità: sedie pieghevoli, tavolino da campeggio con la tovaglia stesa sopra, piatti di porcellana (o plastica grossa, mai usa e getta), fiasco di vino rosso e quel barbecue (a gas) acceso poco distante da cui si alzano nubi dense di fumo che gli automobilisti in transito talvolta scambiano per nebbia.
La loro auto - colore beige, bianco o grigio metallizzato - ha sempre una portiera aperta o il portellone del bagagliaio alzato e questo non è un dettaglio inutile: da là dentro esce il suono dell'autoradio con le notizie dell'Onda Verde (prima) e con le partite di calcio (poi). Dopo il pic-nic si accomodano sui sedili dell'auto (spesso ricoperti dal plaid scozzese) e schiacciano un pisolino. Se incontrate una di quelle auto con i corpi addormentati a bordo non chiamate la polizia o l'ambulanza: è tutto a posto, a loro piace così, lasciateli fare, sui gusti non si discute.
Ogni volta che li vediamo - quelli della piazzola - sorridiamo, diamo di gomito ai compagni che viaggiano con noi e tiriamo avanti diretti, noi sì, verso una domenica coi fiocchi. Ma gli umili turisti del bordo strada si prendono una rivincita - forse inconsapevole, chissà - al momento del rientro quando piegano la tovaglia, smontano il tavolino e si avviano verso casa, primi fra tutti, quando ancora nei luoghi del turismo vero la gente si diverte. Loro abbandonano la piazzola e tornano a casa quando il sole ancora splende, primi di una fila interminabile di vetture che dai monti porta in città. In quei parcheggi anonimi si fermano allora - disperati - i forzati della colonna stradale quando i bambini implorano una sosta per fare la pipì. E' a questo punto che i capifamiglia posano i piedi sulla ghiaia, danno un calcio a un tovagliolo di carta che è rimasto lì per terra e quando a casa mancano ancora tre ore a passo d'uomo si domandano perplessi: "Ma da dove viene questo odore di pollo arrosto?".
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