Per motivi che mi sfuggono - ma che per opportunismo condivido in pieno - esiste una linea di autotrasporti che ogni mattina collega Falcade (Belluno) con Trento arrampicandosi sui ripidi tornanti di passo San Pellegrino. Di quella linea, cinque o sei volte l'anno, sono l'unico cliente: mi presento alle otto di mattina nella piazza di Falcade e salgo a bordo con Giuseppe, l'autista di quel pulmino da venti posti di una ditta privata che in realtà viaggia su quella tratta per conto della Trentino Trasporti.
Spesso ci siamo solo io e lui, a volte una ragazza col borsone che mi pare una studentessa, oppure una donna che nella stagione turistica sale a metà del passo e si ferma poco dopo, di fronte all'albergo in cui lavora.
Un pulmino che valica le Dolomiti semivuoto, giorno dopo giorno, suona strano quasi quanto l'accento romano dell'uomo che lo guida: "Dottò, sono di Viterbo - spiega Giuseppe - guido quassù da nove anni e non mi fermo nemmeno quando vengono giù due metri di neve. L'unica volta che sono tornato indietro c'era la strada chiusa per il pericolo valanghe".
Dopo venti minuti ecco le bandiere di Dellai, il pulmino supera il confine fra le due province (il vecchio confine di Stato) e l'autista si scatena: "Dottò, questo bisogna che lo scrive: lo vede che le strade di montagna le tengono meglio a Belluno che in Trentino?". E indica la striscia d'asfalto che all'improvviso diventa più bianca per la neve.
Quel viaggio è la riscoperta della lentezza: in tre quarti d'ora arrivo a Moena, poi salgo sulla coincidenza che mi porterà nel capoluogo e mi metto comodo tra anziane signore con le borse sul sedile, uomini dal naso rosso (a cui forse hanno tolto la patente) e ragazzi con le cuffiette che urlano sulle orecchie.
Chiudo gli occhi sognando viaggi aerei da un continente all'altro, traversate oceaniche, lunge trasferte autostradali poi uno spiffero gelido mi risveglia e sono alla stazione di Predazzo. Riprendo sonno immaginando corse su ferrovie ad alta velocità, vagoni ristoranti e salette d'aeroporto dove i piedi affondano nella moquette, poi uno scossone mi sorprende e scopro di essere a Tesero.
Osservando laggiù in basso, come un miraggio, la veloce strada di fondovalle riscopro i centri storici di Cavalese e Castello di Fiemme poi a Egna mi illudo che l'autista imbocchi l'autostrada ma lui senza pietà punta il volante verso la statale: c'è da passare nel centro di San Michele dove - lo so già - non sale e scende mai nessuno.
So di non avere scampo e mi rassegno sul mio sedile di corriera come un bambino imprigionato sull'auto del papà: arriveremo a Trento alle 10 e 48, come sempre, quando dalla corriera assieme a me scenderà solo qualche ragazzo che va all'università. Dalla partenza a Falcade, con Giuseppe, sono passate quasi tre ore: con la macchina ci si mette un'ora e mezza, stringo in mano il biglietto da 7 euro e 15 (mica uno scherzo) ma ringrazio comunque che questa linea resista sugli orari dell'azienda dei trasporti.
Chi ha letto fin qui merita una spiegazione: che ci faccio alle otto di mattina sulla corrierina che parte da Falcade? Schiavo dell'auto - e pendolare per diletto e famiglia fra Trento e Belluno - mi ritrovo qualche volta a sbagliare i calcoli fra un viaggio da solo e uno in compagnia e a ritrovarmi con entrambe le vetture di famiglia sotto casa oppure - orrore - nessuna E' allora che mi presento con la mia valigia all'appuntamento con Giuseppe e salgo sul pulmino per un tuffo di tre ore nel mondo dei sogni e della lentezza finché - puntuale alle 10 e 48 con lo stomaco un po' sottosopra - la città mi riassorbirà con la sua velocità.
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