C'era questa musica magnetica, ma forse dovrei dire ipnotica, che suonavano alla radio poco dopo mezzogiorno per annunciare un notiziario di cui mi interessava poco. La musica invece sì. Inutile chiedere che "canzone" fosse in un casa dove due genitori stonati non avevano nemmeno un radioregistratore (qualcuno ce l'aveva già negli anni Settanta?) perché la risposta era sempre la stessa, un po' distratta: che canzone vuoi che sia, è la sigla... In un'epoca in cui non c'erano internet e gli mp3 (e in biblioteca dovevano ancora aprire la sala dischi) bisognò tenersi la curiosità e attendere gli anni della scuola di musica per capire che quella (altro che sigla) era Take Five. E quindi chiedere (finalmente!) all'insegnante di pianoforte quale fosse il segreto di quelle note misteriose: "Semplice - rispose - è in cinque quarti". Ecco svelato il magnetismo ipnotico di una musica da contare in questo modo: un-due-tre! un-due! un-due-tre! un-due! Poi venne il momento di suonarla: giorni e giorni di prove per separare la mano sinistra (un-due-tre! un-due!) dalla mano destra e percorrere così la strada anarchica che - in un mondo di canzonette - conduce al cinque quarti.
Nel giorno in cui Dave Brubeck è morto (ieri) bisognerà pur ricordare che la composizione che rese famoso il suo quartetto la scrisse il sassofonista Paul Desmond (che lasciò i diritti della composizione alla Croce Rossa). Comunque sia, grazie a entrambi (un-due-tre! un-due!).