Signore e signori, questo è un garage party: entrate, guardate e portate via ciò che volete. Dopo cinque mesi in quarantena (dal giorno del trasloco nella nuova casa) siamo ormai certi che ciò che non ci è servito non ci servirà e ciò che non ci è mancato non ci mancherà. Una certezza di cui ci pentiremo amaramente (anche di questo siamo certi) sebbene intenzionati a fare piazza pulita del garage in cui abbiamo parcheggiato parte della nostra vita. Ma ogni oggetto ha una sua storia e prima che qualcuno lo porti via (o se lo mangi la discarica) bisognerà pur rendergli l'onore delle armi.
E allora ecco a voi, nell'ordine:
bicicletta blu marca Benotto comprata di seconda mano nel 1996 per 800 mila lire (la pensione di mia nonna Marcellina che in quella primavera seppe essere generosa) con l'obiettivo di scalare i passi Dolomitici. Li abbiamo saliti tutti, da una parte e dall'altra, anche più volte, con l'unica onta del versante bellunese del Fedaia dove - complice il rapporto troppo lungo, era una bici d'altri tempi - abbiamo messo il piede a terra;
proiettore di diapositive marca Zeiss che abbiamo utilizzato per proiettare le immagini delle vacanze finché con gli anni Duemila è arrivata la macchina fotografica digitale a farci scattare migliaia di immagini che mai nessuno ha più rivisto (tanto siamo impegnati, ora, a scattare foto sempre nuove). Roba da sfigati? Certo, ma poiché noi eravamo sfigati professionisti nel garage troverete anche lo schermo per la proiezione che abbiamo conservato testardamente per anni, chissà come, chissà perché, nell'angolo più remoto di una soffitta inaccessibile (tanto era piena di ciarpame). Via tutto, ma non le diapositive raccolte in quelle scatolette di plastica che ci ritroveremo a osservare con nostalgia fra qualche anno tenendole, una ad una, alzate verso il cielo;
forno a microonde marca Candy, il nostro primo forno, che non abbiamo ancora trovato il coraggio di buttare (nonostante sia irrimediabilmente rotto) temendo forse di perdere il ricordo di quel grigio pomeriggio d'autunno in cui scoprimmo sullo scaffale del supermercato quelle bustine di mais e finimmo per fare indigestione di... pop-corn!
quattro pneumatici invernali Michelin Alpin che sono serviti ai bei tempi per salire di notte con la Panda rossa sul Bondone e poi gettarci al buio lungo le piste da sci a bordo di tre gommoni da camion, quando ancora con gli amici D. e M. non avevamo paura di spaccarci le ossa contro un albero;
caschi, giubbotti e tute antipioggia usati per viaggiare sulle strade di Austria, Germania, Svizzera, Sicilia, Sardegna, Corsica, Grecia, Croazia, Slovenia finché - ormai in tre - abbiamo deciso che era ora di fermarsi, vendere la moto e comprare un passeggino. Senza immaginare che proprio lui, il colpevole!, non più tardi dell'altra mattina, pedalando in bicicletta verso la scuola materna, avrebbe trovato il modo di lamentarsi perché nella nostra povera famiglia non abbiamo nemmeno una motocicletta;
tavolino da campeggio in materiale plastico bianco, senza apparente marca, ricordo di quell'estate in campeggio (l'ultima) in cui ci sembrò una buona idea piantare la tenda in riva al mare, per poi ritrovarci a notte fonda a lottare disperatamente contro il Maestrale, sognando la stanza di mattoni in cui siamo andati a rifugiarci il giorno successivo.
Ecco le nostre cose. Ecco le nostre storie. E ora che le abbiamo raccontate (le storie) qui sul blog, dei relativi oggetti possiamo fare a meno e vivere più leggeri: metteremo gli annunci su Bazar con la parola magica - regalo! - che fa fioccare le telefonate. Ci serve spazio nuovo, che non succeda come in quei boschi troppo fitti dove gli alberi vecchi impediscono alla vegetazione nuova di crescere. Basta un messaggino sul telefonino per ricordare un pomeriggio, basta un vecchio paio di scarpe (ma soprattutto un buon motivo) per andare alla scoperta di Venezia. In fondo c'è chi vive con 100 cose, noi ci siamo detti che possiamo rinunciare almeno alle 100 cose che teniamo giù in garage. Ora non resta che spiegarlo al resto della famiglia.